"Ho avuto l'occasione di incontrarlo diverse volte, è una persona serena e questo è importante, ha subito mostrato un suo stile e un profondo orientamento a Dio augurando la pace di Cristo rassicurando tutta la Chiesa, sa parlare al cuore dell'uomo moderno ed è molto importante in questo momento storico". Così a Primocanale il cardinale Angelo Bagnasco arcivescovo emerito di Genova, già presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). Arcivescovo di Genova dal 2006 al 2020.
Eminenza l'abbiamo vista ieri in prima fila in piazza San Pietro, ci aiuta a tracciare un po' la figura, lo stile anche di questo Papa?
"Eravamo lì, in parecchi cardinali in mezzo a questa folla enorme che aspettava con ansia ed era gioiosa per il nuovo Papa, è stata una sorpresa il suo nome perché ci ricorda il Papa della 'Rerum Novarum', la prima grande enciclica sociale.
Non è che lo conosca moltissimo, però un po' sì, ho avuto occasione di incontrarlo diverse volte, lui era prefetto della congregazione per i Vescovi e non era da molti anni a Roma. L'impressione, anzi la certezza dal suo tratto, dalle parole, dal contatto con lui è quello di una persona serena e questo è molto importante. Serena vuol dire unita in se stessa perché unita a Dio, anche la sua formazione nell'ordine degli Agostiniani quindi che si rifà Sant'Agostino, questa è una bellissima cosa proprio perché anche le prime parole hanno mostrato il suo profondo orientamento a Dio augurando la pace di Cristo. Quindi è una cosa molto bella che rassicura tutta la Chiesa continuando la strada, che i Pontefici, tutti i Pontefici della storia hanno segnato, in ultimo naturalmente Papa Francesco".
Eminenza le prime parole del nuovo Papa che lei anche citava tracciano un po' la sua linea ma sono veramente fondamentali, il ripetere per esempio la parola pace, che è pace di Cristo, ma anche quel costruire ponti, quel non avere paura.
"Il non avere paura ricorda chiaramente San Giovanni Paolo II e non è una ripetizione così formale ma è proprio una lettura del cuore dell'uomo moderno che seppur a distanza di molti anni da quel messaggio di Giovanni Paolo II non ha cessato, anzi accresce, ha accresciuto in sé tante paure, paure che derivano non solo dalle circostanze esterne che tutti conosciamo, guerre, violenze, ingiustizie, cronaca che dovrebbe preoccupare molto di più la società intera, paure che nascono da una insicurezza, da un vuoto spirituale, dalla mancanza di un punto di riferimento solido che non è umano perché gli uomini sono tutti fragili anche se necessari gli uni agli altri, quindi questa esaltazione di non avere paura è molto, molto pertinente e centrata, non è un formalismo, una parola di incoraggiamento ecco, così come la parola speranza che lui stesso poi ovviamente ha pronunciato e ha agganciato a questa visione.
La mancanza di speranza oggi deriva innanzitutto da una mancanza interiore che poi certo si riflette ovviamente inevitabilmente nelle situazioni esterne e la pace lo stesso, perché oggi è facile dimenticare che parole come pace, giustizia, speranza e altre nobilissime e fondamentali siano puramente orizzontali, mancano, mancherebbero di un fondamento, infatti il Papa ha iniziato il suo saluto e lo ha concluso proprio con un chiaro riferimento a Cristo, la pace di Cristo e poi l'ha ripetuto alla fine, Cristo è la nostra speranza in sostanza, quindi proprio per dare il tono, l'aggancio, il fondamento, il principio e il compimento di tutto ciò che l'uomo desidera, la vita, la serenità, la pace, la giustizia, l'amore, il senso dell'esistenza.
In mezzo il Papa ha ricordato molto opportunamente tutto quello che il mondo di oggi soffre e per cui attende una parola proprio dalla Chiesa e in modo particolare dal suo vertice, dal suo capo,, dal suo Pastore Supremo, quindi le guerre, le ingiustizie, i problemi che devastano il nostro mondo, il nostro tempo e tutto questo è dentro a un principio e a un compimento, ecco Cristo che dà l'orizzonte, dà il significato e dà la forza e la speranza per affrontare questi problemi gravi del nostro tempo.
Eminenza, l'essere stato missionario, che cosa può portare in più a un Papa secondo lei?
Portare certamente la sua esperienza, il suo vissuto di missionario che vuol dire di annuncio del Vangelo a popolazioni che non sono quelle della sua origine natale, lui è americano nato in America, ma in altre culture, quindi c'è una sensibilità sia innanzitutto per annunciare Gesù, la gioia di Cristo, il Figlio di Dio, il Redentore unico del mondo e nello stesso tempo dover inculturare dentro a quelle culture diverse dalla sua originaria, l'annuncio, l'unico e lo stesso annuncio del Signore, come lui ha dovuto fare ad esempio in Peru e forse da altre parti, questa è un'esperienza che non tutti i Vescovi o i Papi hanno fatto e lui l'ha fatta in modo molto significativo e anche per parecchi anni.
Ha un suo stile, vero Eminenza, che si vede subito?
Sì, sì, sì, certamente.
In conclusione le lascio l'augurio proprio al nuovo Papa, che cosa augura a Papa Leone XIV?
Gli auguro la forza di Cristo, la chiarezza che il Signore Gesù, la luce che il Signore Gesù è per noi e che si riflette nella Chiesa di Cristo, ma innanzitutto nel suo successore di San Pietro. Quindi quella luce di Cristo penso, sono sicuro e gli auguro proprio che risplenda sul suo volto, nelle sue parole e che diventi speranza, incoraggiamento e il non avere paura per tutto il mondo.
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