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Se di bandiere blu la Liguria è prodiga, 34 in tutto quest'anno con un primo posto in Italia davanti alla Puglia (LEGGI QUI), merito è anche della qualità delle acque per la balneazione. Tra i parametri che contribuiscono infatti a decretare i luoghi migliori per un tuffo, oltre ai servizi collegati c'è anche il dato fondamentale derivato dall'analisi delle acque del mare.

Analisi che viene effettuata da Arpal con controlli mensili, per capire se i valori si discostano dai parametri normali. Nei louoghi in cui si evidenziano criticità, invece, i controlli sono due volti al mese. Nel caso in cui si trovino difformità, l'esame si ripete dopo 72 ore e in questo intervallo sono i sindaci a emettere l'ordinanza di divieto di balneazione nelle aree interessate. A oggi in Liguria sono sette, da ponente a levante, come spiega a Primocanale Davide D’Arena, Responsabile Arpal Coordinamento attività inerenti la balneazione: "Controlliamo i parametri indicatori di inquinamento fognario, è quel che chiede la legge. I punti sono 381 in Liguria e attualmente i più critici che hanno avuto non conformità sono a ponente tre punti a Cervo, a Savona (Letimbro) e Varazze. A Genova altri tre: Boccadasse, Rexello e lungomare a Pegli, a levante a Marinella di Sarzana (Parmignola). Ma entro 72 ore si ripete il campionamento per verificare se è inquinamento di breve durata o se la situazione è più critica".

I dati peraltro sono consultabili sul sito di Arpal perché le analisi di laboratorio si possono consultare immediatamente. Ci sono poi i casi di "ordinanze preventive" emesse dai sindaci in attesa di avere risultati più approfonditi. Lo spiega D'Arena: "Un altro strumento a disposizione dei sindaci è l'ordinanza preventiva: se ci sono per esempio perdite fognarie il sindaco può decidere di interdire la balneazione in attesa delle analisi. Al momento sono due a Bordighera, uno a Sanremo, uno a Spotorno".

GENOVA - È arrivata questa mattina la sentenza che condanna cinque lavoratori Ansaldo che parteciparono agli scontri avvenuti all'aeroporto di Genova il 13 ottobre 2022.

Il blocco dello scalo aeroportuale genovese era avvenuto dopo una prima giornata di caos causata dalla mancanza di un aumento di capitale e un piano industriale che eliminasse il rischio di cassa integrazione. La seconda giornata di protesta era invece iniziata prima delle 6, proprio davanti alle portinerie di accesso dell'azienda. Poi una lunga camminata fino alla rotonda Castruccio dove il corteo si è scontrato con i poliziotti del reparto mobile. Il bilancio è stato di tre agenti feriti e 10 operai contusi. Già quel giorno si era saputo che molti dei lavoratori che avevano partecipato ai tafferugli avrebbero rischiato una denuncia, per lesioni o resistenza. Molti altri, invece, per interruzione di pubblico servizio.

“Nel pieno rispetto del lavoro della magistratura alla luce del primo grado di giudizio emesso nella giornata odierna, siamo vicini e solidali alle persone coinvolte “perché siamo tutti Ansaldo Energia” commenta in una nota la segreteria Fim Cisl e la RSU Fim AEN.

"'SiamoTuttiAnsaldo' è lo slogan che ha accompagnato le manifestazioni di quei giorni che hanno salvato posti di lavoro e una delle maggiori industrie genovesi" si legge in un comunicato della Fiom Cgil. "Riteniamo la sentenza ingiusta e spropositata e Fiom sosterrà in appello i compagni e i lavoratori raggiunti dalla sentenza".

 

LA SPEZIA - Sesta puntata della nostra inchiesta su spiagge e concessioni (GUARDA QUI TUTTE LE PUNTATE). Qualche balneare lo ammette: “Paghiamo più di Tari che di canoni legati alle concessioni. È quasi un terzo delle imposte il conto di quanto dovuto per le concessioni demaniali”. Solleviamo un tabù senza imbarazzi: alcune concessioni storiche pagano cifre irrisorie rispetto ad altre tassazioni o alle superfici utilizzate.

I canoni incassati dallo Stato sarebbero troppo bassi rispetto ai ricavi dell’intero settore, a fronte dell’utilizzo di un bene del demanio. Tra il 2016 e il 2020 la Corte dei Conti in un proprio rapporto ha stimato gli incassi statali in circa 100 milioni di euro l’anno.

Certo negli anni ci sono stati degli adeguamenti ma se quanto dovuto in partenza è basso poco incide l’aumento Istat. Alla fine del 2022 il governo Meloni ha aumentato i canoni del 25,15 per cento. L’adeguamento dei canoni concessori è stato portato a giudizio del Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio e del Consiglio di Stato. I giudici hanno stabilito che l’aumento resta valido, sottolineando che” ogni beneficiario di una concessione potrà comunque portare avanti la propria causa in tribunale per vedersi bloccare l’adeguamento al rialzo” aprendo dunque la via ai contenziosi. Nel mentre, con circolare dello scorso 19 dicembre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha annunciato che nel 2024 i canoni per le concessioni balneari saranno ridotti del 4,5 per cento. Aumenti e diminuzioni sono frutto di un calcolo tra l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e quello relativo alla produzione dei prodotti industriali.

Tralasciando calcoli e percentuali e venendo alla radice del problema, ossia quanto vengono pagate le concessioni demaniali, per avere un quadro preciso occorre riferirsi all’ultimo rilevamento del Ministero delle Infrastrutture, il demanio ricade sotto la sua competenza, del maggio 2021. 

La cartografia realizzata da ilpost.it realizzata sulla base dei dati ministeriali mostra colori diversi a seconda dei canoni pagati. I pallini verdi, ossia gli stabilimenti che pagano dai 1000 ai 5000 euro di canone, sono la maggior parte della Liguria e d’Italia.

Osservando bene in alcune delle località più conosciute i canoni sono tra i più bassi: il pallino rosa mostra gli stabilimenti che non pagano neppure 1000 euro. Questo nel 2021, ora il canone minimo è salito, ma si tratta comunque di una spesa irrisoria rispetto anche solo alla prima fila di ombrelloni affittati in un mese. Forse si ripaga con un solo abbonamento stagionale di una famiglia, nell’Italia in cui gli stipendi di tanti dipendenti sono fermi. “Avremmo dovuto trovare una soluzione diversa  - spiega un balneare di Marinella -. Il mare è di tutti e dovremmo sempre averlo in mente. Non capisco come possano dei miei colleghi chiudere accessi, passerelle, vietare l’uso dei servizi a chi non è un cliente. Dovremmo avere una mentalità ben diversa e ricordarci sempre che usiamo un bene pubblico”. Una voce fuori dal coro.