A nove giorni dalla pubblicazione della nostra lettera aperta, con dieci domande su alcuni dei principali nodi della città, è arrivata la risposta del sindaco Silvia Salis. Di seguito riportiamo integralmente domande e risposte, per offrire ai lettori un quadro completo e trasparente del confronto.
È sempre convinta di aver fatto bene a rinunciare allo Skymetro, rinunciando a 400 milioni? Lei ha dichiarato che il prossimo anno verrà presentato un nuovo progetto finanziato dal MIT, ma il Ministero ha affermato che ciò non è possibile e che, di fatto, un nuovo progetto non esiste. La Val Bisagno resterà quindi senza soluzioni?
«È importante chiarire che stiamo parlando di un progetto presentato quattro volte nel giro di pochi anni senza che sia mai trovata l’ipotetica direzione giusta, se non a pochi giorni dalle elezioni e con cinquanta pagine di prescrizioni che lo rendevano tecnicamente improponibile. Inoltre, i fondi previsti dal ministero sarebbero stati sufficienti solo per metà progetto: sulla carta ne sarebbero serviti almeno 200 in più per cui non c’era nessun tipo di finanziamento reale. E poi c’è un aspetto politico: è inutile, infatti, fare sondaggi in tutta Genova per capire che cosa pensa la cittadinanza dello Skymetro, bisogna chiederlo a chi vive in quelle zone. Mi permetto di far notare che alle elezioni, nei due municipi interessati dallo Skymetro, i cittadini ci hanno dato una preferenza di nove punti superiore al centrodestra, due in più rispetto al risultato complessivo delle elezioni: vuol dire che non c’era nessun senso di necessità di quel progetto. Per capire quanto questo progetto fosse calato dall’alto basta pensare che, per arrivare in fretta alla soluzione, si prevedeva di buttare giù una scuola come il “Firpo”, una delle più nuove di Genova, senza avere un’alternativa. Per quanto riguarda il progetto alternativo per la Val Bisagno, lo studio del Politecnico di Milano è già ampiamente avviato ed entro fine anno avrò il primo incontro con il professore Pierluigi Coppola per chiarirne i dettagli. Una volta che avremo lo studio, ci confronteremo con i cittadini della Val Bisagno e cercheremo di capire quale sarà la soluzione migliore per poi andare a ricercare i finanziamenti per realizzarla».
Stadio. Aveva indicato come modello di finanziamento quello adottato a Firenze, ma tale metodo si è rivelato infattibile. Ha quindi cambiato linea, riproponendo un finanziamento tramite le squadre di calcio che però chiedono risorse invece di investirle. Inoltre non è chiaro quali attività commerciali siano ammesse. Qual è oggi il progetto reale?
«Abbiamo una conferenza dei servizi aperta, si chiuderà a metà gennaio e valuteremo le offerte. Considerando sempre che ogni volta che si presenta una proposta c’è anche spazio per la trattativa. L’unica proposta reale che ho trovato negli uffici quando sono entrata a Palazzo Tursi era quella di Cds che prevedeva un impegno economico da parte del Comune ben superiore alla cifra che Cds stessa proponeva per acquistarlo: di fatto, il Comune avrebbe pagato per vendere lo stadio a un privato. E questa era la proposta che stava cavalcando il centrodestra. Se proprio dobbiamo pagare, almeno che lo stadio rimanga al Comune. Secondo il nostro progetto, chi vincerà la gara si offrirà di ristrutturare lo stadio in cambio di una lunga concessione e ne avrà la gestione per la parte sportiva e anche per quella degli eventi. Il mio obiettivo è avere un piano chiaro per identificare le attività che ci saranno all’interno e per definire come si vuol far vivere lo stadio tutto l’anno e che tipo di eventi, non solo sportivi, si possono organizzare in base alla sua nuova struttura. Sappiamo cosa vogliamo: restituire a Genova uno stadio moderno, efficiente e pienamente integrato nella vita della città, mantenendo al centro la funzione sportiva, ma aprendolo anche ai grandi eventi. Avremo già un antipasto con i tre concerti di Olly a giugno. Come ogni grande città, anche Genova deve avere uno stadio polifunzionale che sia di proprietà pubblica e a disposizione per dodici mesi all’anno. Quanto al modello Firenze, ora non è più possibile: è stato finanziato con fondi che ora non ci sono più».
Riteniamo sia stato un errore parlare di presunti buchi di bilancio di AMT prima del deposito ufficiale. Le cifre sono tuttora ipotetiche, non validate dal collegio sindacale né dalla società di revisione, ma provenienti da un soggetto esterno che si manleva da eventuali errori. Questo ha creato forte preoccupazione, interrotto rapporti bancari e messo in grave difficoltà l’azienda. Perché non attendere il bilancio ufficiale? E come si esce ora da questa situazione?
«Mi preme ricordare che in campagna elettorale AMT veniva raccontata come un “gioiellino”, mentre a pochi giorni dal mio insediamento a Palazzo Tursi ho ricevuto dal collegio sindacale una comunicazione che la società era in crisi di impresa: avevo trenta giorni per presentare un piano di rientro, altrimenti sarebbe fallita. Evidentemente le cose non andavano così bene e non sono stata io a darne notizia, ma questa comunicazione del collegio sindacale. Ed è esattamente il motivo per cui non si poteva aspettare: avevamo trenta giorni e le cose sarebbero venute a galla. La situazione che voi definite come “incerta”, è invece talmente certa che è all’attenzione della Procura della Repubblica e della Corte dei Conti. Evidentemente non è solo certa, ma anche gravissima. Vedremo che sviluppi ci saranno. Abbiamo compiuto un atto di responsabilità: essere trasparenti sui numeri non è mai un male, ma è l’unico modo per affrontare i problemi. C’è chi preferisce nascondere numeri e notizie, ma poi si crea un effetto boomerang quando ci si trova a gestire situazioni ormai fuori controllo. Per cui, abbiamo fatto la composizione negoziata della crisi, è stato nominato un esperto, questo mese abbiamo iniziato a pagare i creditori e AMT sta tornando verso la sostenibilità con una gestione scrupolosa. Anche il Tribunale, mercoledì, ha certificato la bontà del percorso avviato. Ricordo, inoltre, che il bilancio di cui parlate non è stato approvato dal centrodestra: sono arrivata negli uffici a giugno e non ho trovato nessun bilancio approvato»
AMIU è in una fase di profonda ristrutturazione. Il rischio di un disastro nella raccolta dei rifiuti è concreto, c’è contrarietà sull’inceneritore e la città viene percepita come più sporca, con meno servizi e costi più alti per i cittadini. Qual è la linea dell’amministrazione? Esistono soluzioni concrete e tempi certi?
«La città è percepita come sporca da molti anni, non è certo una novità di questi ultimi mesi come qualcuno vuol far pensare. Genova non ha mai risolto la questione del ciclo dei rifiuti e dipende da impianti fuori regione che hanno un andamento altalenante. Risultato: le conseguenze sono spesso di difficile gestione. Per questo serve una riorganizzazione industriale profonda. Abbiamo appena nominato il nuovo cda, ma soprattutto ho appena fatto commissionare alla società ‘Ramboll’ uno studio in collaborazione con Amiu per definire tutti i possibili scenari del trattamento finale dei rifiuti: con il sistema attuale, con termovalorizzatore, con impianti intermedi e con impianti intermedi e termovalorizzatore. È importante che i cittadini sappiano come le scelte future potranno incidere sulla qualità del servizio e sul costo della Tari. Aggiungo che in otto anni di amministrazione di centrodestra in città e dieci anni di amministrazione del centrodestra in Regione non è mai stata proposta una soluzione per la chiusura del ciclo dei rifiuti in Liguria. È innegabile ed è grottesco sentire ora l’opposizione chiedermi di trovare una soluzione nel giro di pochi mesi: che si assumano la responsabilità di non aver fatto niente per dieci anni».
Tassa sui crocieristi. Condividiamo la sua posizione: il sistema portuale deve contribuire alla città che lo ospita e che genera ricchezza. A Barcellona la tassa è di 7 euro e salirà fino a 20 per disincentivare l’eccesso di crociere. Come intende procedere Genova?
«Da parte nostra non c’è mai stata l’intenzione di disincentivare il flusso di navi da crociera, sappiamo bene che è un mercato tra i più importanti per il nostro porto e per il comparto turistico cittadino. Abbiamo avviato dei tavoli di confronto e faremo in modo che l’addizionale sia il meno impattante possibile per chi la deve gestire, ma comunque andremo avanti. Anche in questo caso, voglio sottolineare che si tratta di un impegno preso dalla precedente amministrazione, che poi non ha avuto il coraggio di portare a termine. Ma di quegli impegni ci è stato chiesto conto recentemente dal ministero. Non ho nessuna intenzione di disincentivare l’arrivo delle crociere a Genova, ma essendo un business impattante e che crea capitoli di spesa, è giusto che contribuisca come contribuiscono con la tassa di soggiorno tutti i turisti che riempiono gli alberghi di Genova».
Tunnel subportuale. Abbiamo scritto che “con un miliardo si potrebbe rendere Genova la città più bella d’Italia”. Non ritiene che l’accordo vada rivisto radicalmente? È un progetto molto negativo per la città, con enormi dubbi di fattibilità, mentre Autostrade mantiene il miliardo senza un reale impegno di spesa, che pare nemmeno a bilancio. Inoltre siamo totalmente contrari all’apertura del cantiere zero in via Brigate Partigiane.
«È una decisione presa a livello nazionale, il cantiere è già partito e i lavori andranno avanti. In campagna elettorale dal centrodestra dicevano in maniera strumentale che avremmo fermato tutto, evidentemente non è così. È un’opera già partita e che sta andando avanti, non ha senso alimentare una discussione sterile e che non può andare da nessuna parte. Cosa facciamo con quel miliardo? Ci facciamo il tunnel subportuale. Quando i lavori saranno terminati, capiremo come cambieranno i flussi in città e quale sarà il futuro della Sopraelevata. Detto questo, l’aumento dei costi non giustifica in alcun modo una retromarcia da parte di Aspi su tutti gli altri interventi previsti per la città e su cui si è impegnata con un accordo a dir poco doveroso nel rispetto di tutti i genovesi».
Il costo complessivo del Capodanno – tra artisti, palco, luci, transenne e sicurezza – sarebbe superiore a 1 milione e 300 mila euro, senza diritti televisivi. Un investimento elevato per un evento con scarso ritorno mediatico. Perché non pensare a un Capodanno più semplice, diffuso sul territorio, coinvolgendo artisti liguri, spendendo meno e ottenendo i diritti televisivi, portando l’evento nelle case di tutti? Parliamo di 30.000 persone in piazza contro 600.000 cittadini potenzialmente coinvolgibili.
«Sono scelte artistiche e politiche: vogliamo regalare a Genova un grande spettacolo che abbia anche un ritorno turistico. La ricaduta di un evento del genere, unito al dj set di Albertino della sera prima, è incalcolabile. I Pinguini Tattici Nucleari sono un gruppo di primissima fascia, negli ultimi mesi hanno collezionato diversi sold-out negli stadi più importanti d’Italia vendendo centinaia di migliaia di biglietti e facendo spostare giovani (e non solo) per tutto il Paese. Crediamo sia un bello spettacolo da dare a Genova, i costi sono inferiori a quelli che dite voi e in parte anche coperti da sponsorizzazioni, ma comunque sono scelte del Comune di Genova in totale autonomia e con un capitolo di spesa già dedicato. Sin da subito abbiamo detto che, per noi, il Capodanno non deve essere un evento fine a se stesso, ma l’occasione per scegliere la nostra città per più di un giorno, per viverla anche prima e dopo il concerto del 31 dicembre. Un concerto pensato per chi arriva da fuori Genova, ma anche per tutti i genovesi che vorranno essere in piazza della Vittoria per salutare l’arrivo dell’anno nuovo. Per quanto riguarda i vostri calcoli, sinceramente non ricordo di aver visto in passato eventi che coinvolgessero tutti e 600 mila gli abitanti di Genova, ma crediamo che l’intero tessuto cittadino possa trarre beneficio da un appuntamento del genere che pensiamo possa anche riaprire la stagione dei grandi concerti a Genova».
Città buia. Non è certo responsabilità esclusiva della sua amministrazione, ma Genova è da sempre una città buia. Il numero elevato di incidenti e investimenti avvenuti negli ultimi giorni ha riacceso il tema della scarsa illuminazione in molte zone della città. Come intendete intervenire per migliorare l’illuminazione pubblica?
«È un tema estremamente serio e strutturale, che non riguarda solamente la qualità della vita urbana, ma anche la sicurezza stradale, come purtroppo dimostrano i tragici incidenti delle ultime settimane. E, oltre alla viabilità, è una questione di sicurezza, soprattutto per le donne. Durante gli incontri che ho potuto fare all’assemblea nazionale dell’Anci a Bologna, ho avuto modo di parlare anche con City Green Light: abbiamo stabilito di riunirci per rivedere il rapporto con la città perché c’è bisogno di modificare l’impatto dell’illuminazione su Genova».
Sicurezza. Lei ha più volte criticato il Governo per l’insufficienza dei fondi sulla sicurezza. Genova è una città complessa che attende risposte concrete. Come state affrontando il tema della sicurezza urbana?
«Vorrei citare un dato fornito dalla nostra Polizia Locale: il 75% degli immigrati irregolari presenti in città e destinatari di decreto di espulsione non è stato effettivamente espulso perché il governo non ha fornito gli strumenti necessari per potere rimpatriare queste persone. È impossibile parlare di sicurezza nelle grandi città se non si parla di politiche governative per la sicurezza. In finanziaria sono previsti zero fondi per le forze di polizia che sono sotto organico di undicimila unità. Sarebbe necessario un intervento del ministro Piantedosi: tra spaccio e consumo di droga, abbiamo a che fare con una gestione molto complessa. E ringrazio la Polizia Locale per il lavoro che fa ogni giorno: senza di loro ci sarebbero intere aree senza presidio».
La visione per Genova. Al di là dei singoli dossier – Sky Metro, stadio, AMT, AMIU, porto – qual è la visione complessiva per Genova nei prossimi anni? Quali sono le priorità su cui i cittadini potranno valutare il suo mandato?
«Dobbiamo farci carico di grandi temi che non sono mai stati affrontati. Dovremo pensare a sistemare la questione dei rifiuti e anche a trovare soluzioni per un’emergenza abitativa che non vede fondi stanziati in finanziaria. Ci prenderemo cura anche delle zone a rischio degrado e, allo stesso tempo, dovremo anche lavorare per le grandi opere. In particolare, penso che una città moderna debba avere una grande metropolitana e Genova non apre nuove stazioni dal 2012. In campagna elettorale siamo stati accusati di essere dei “gufi” che fermano tutto, ma abbiamo trovato cantieri della metro fermi da tempo e ora, grazie al cambio delle ditte incaricate, gli interventi sono ripresi e abbiamo l’intenzione di presentare al più presto un programma per prolungare la linea anche in altri quartieri. Lavoreremo alla ristrutturazione dei servizi sociali e del welfare: solo quest’anno abbiamo stanziato a bilancio 4 milioni di euro in più per il sociale. E poi c’è il tema dell’università: vorrei che Genova passasse da essere una città ‘di’ universitari a una città ‘per’ universitari, e, proprio per questo, mi sono impegnata con la ministra Bernini per incontrare Cassa Depositi e Prestiti e iniziare una grande operazione che possa portarci alla costruzione di un nuovo studentato a Genova».