Si dice spesso che la tecnologia isoli, soprattutto quando si parla di applicazioni, cellulari e tablet. C'è però anche l'altra faccia della medaglia, quella che usa l'innovazione per unire, rendere partecipi. È il caso di Uninin, il robot raccontato nello stand del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) durante la Notte dei ricercatori ai Giardini Luzzati. Uninin, che in realtà si chiama Av1, è un robot per la telepresenza che permette agli studenti di tutte le età, impossibilitati a presenziare a scuola per problemi di salute o di altro genere, di mantenere un contatto con la classe.
Come funziona "Uninin"
A raccontarlo a Primocanale è Giovanni Caruso, ricercatore dell'Istituto per le Tecnologie Didattiche: "Il robot permette allo studente di ascoltare, parlare, esprimere delle emozioni e anche di alzare la mano. A scegliere quale azione mettere in atto è il bambino che, grazie a un tablet, in qualsiasi posto sia, può schiacciare i pulsanti e azionare Uninin".
"È uno dei modi per mediare quello che altrimenti sarebbe impossibile e ce lo permette la tecnologia: poter stare in cura, quindi in casa piuttosto che in ospedale, pur mantenendo un contatto con il gruppo classe, che per gli studenti, soprattutto per i più piccoli, è importantissimo".
Un progetto iniziato dieci anni fa
Al progetto, iniziato ormai dieci anni fa, lavorano decine di persone. "All'epoca avevamo lavorato con la tecnologia che avevamo, oggi stiamo testando questo strumento che viene dalla Germania e che dà garanzie anche di sicurezza superiori grazie tutta una serie di attenzioni alla privacy e alla data protection".
Il robot viene messo sul banco di scuola e permette allo studente di essere presente e allo stesso tempo seguire le lezioni e intervenire. I risultati si sono visti sin da subito: "Dieci anni fa nel progetto avevamo una ragazza che era impossibilitata ad andare in classe e usava un computer. Ecco, con il portatile veniva portata in giro dai suoi compagni e sempre a distanza era diventata la caporedattrice del giornalino della scuola".
Una tecnologia inclusiva, "non come durante la pandemia"
La prova tangibile di quanto la tecnologia, se usata bene, possa essere inclusiva: "Durante il Covid la tecnologia era diventata esclusiva - conclude Caruso -, oggi proviamo a fare il contrario e sempre la tecnologia ci permette di superare i limiti della fisicità".
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