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Attualità

L'intervista a Primocanale in occasione del Santo Natale
8 minuti e 9 secondi di lettura

GENOVA - Natale è una festa che unisce ma che ci ricorda che tutti devono fare la loro parte per non lasciare nessuno indietro. Viviamo un momento di crisi economica ma nei prossimi anni ci saranno grandi possibilità per la città la sfida è saperle cogliere senza diseguaglianze. La crisi della Chiesa va vista come un'opportunità così come vanno incrementate le politiche per la famiglia.

Monsignor Marca Tasca, arcivescovo di Genova, in occasione del Natale parla a Primocanale a 360 gradi: dalla Chiesa, alla famiglia, passando per il lavoro, i giovani e la sofferenza per il saluto di monsignor Anselmi nuovo vescovo di Rimini.

Un Natale più di sofferenza, dove soffia forte anche il vento della crisi. Come si fa a non far trasformare questa crisi economica anche in una crisi di solidarietà, una crisi sociale?

Come credenti abbiamo una lettura estremamente chiara su questo. Sappiamo che la fatica, la difficoltà, la prova non hanno l'ultima parola. Gesù Cristo ce lo ha insegnato che la sua morte non ha l'ultima parola, c'è la resurrezione, la speranza, un futuro. Questa è la vita cristiana. E allora credo che di fronte a queste difficoltà che tutti stiamo vivendo, difficoltà oggettive, il modo, l'aiuto che ci possiamo dare l'un l'altro è quello di dirci che abbiamo una certezza, che abbiamo un futuro e il futuro lo costruiamo noi adesso. Lo costruiamo tenendo presente e partendo dagli ultimi esattamente non ci può essere altro sistema perché altrimenti qualcuno starà indietro. Quello che dico più spesso e che magari con la frase che si dice siamo tutti nella stessa barca, ma io credo anche no, tutti siamo nella stessa tempesta ma c'è chi ha una piccola scialuppa, c'è chi ha una bella barchetta, chi ha uno yacht. È vero, la tempesta è uguale, ma affrontarla su una barchetta o su una tavola di legno è diverso che affrontarla su uno yacht. Credo che siano queste un po' delle risposte o le strade che possiamo tenere presenti nell'affrontare questa difficoltà, la fortissima convinzione che la difficoltà, la sofferenza, il dolore e la morte non hanno l'ultima parola.


Il lavoro, soprattutto in questo tempo di crisi, è in difficoltà. Tante sono le famiglie che non ce la fanno, sono quelli che vengono definiti i nuovi poveri, sicuramente in conseguenza della pandemia, ma anche della guerra in Ucraina e del Covid. Che cosa si può fare per lavorare ancora più insieme? Come spesso lei dice proprio sul tema del lavoro nella nostra città?

In questi giorni ho potuto ascoltare tante persone che vedono davvero i prossimi anni anni di cambiamento per la nostra città, anni veramente di grossa espansione, di grosse novità, di grosse possibilità che vengono aperte e io credo che queste porteranno lavoro. Vedo con molta soddisfazione tutte queste nuove realtà che saranno fatte e prese in carico per riuscire a rendere la nostra città ancora migliore di quella che è.
Questo quindi, è una possibilità. Dall'altra c'è sempre il tema del sentire che tutti siamo responsabili un po' di quello che sta succedendo. Cioè, è vero, c'è la guerra, è verissimo che sta facendo sentire veramente i suoi morsi qui, anche da noi. Certo, c'è la stagione dell'inflazione certamente sono tutte vere. C'è un po' la tentazione di chiudersi in se stessi, a chiudersi in se stessi, a non partecipare. Io dico che davvero chi ha vinto le ultime elezioni è il partito di chi non è andato a votare e chi si è astenuto perché non si è fatto vedere. Queste persone hanno vinto le elezioni, ma questo pone un grandissimo punto di domanda. E' davvero la questione del lavoro ed è vero o è questione anche partecipazione, di sentirmi corresponsabile di una situazione, di una realtà? E credo che sia questa la grossa fatica da fare. Oggi c'è il constatare che il più grosso partito è di quelli che si astengono. A me non basta, assolutamente. Noi che cosa possiamo fare e dobbiamo fare perché crescere tutti quanti nel sentirci parte di sentirci partecipi.

Molti parlano da molto tempo di una crisi nuova anche per la Chiesa. Sappiamo che ci sono meno vocazioni, e un interesse ridotto da parte dei giovani. C'è sempre stato, ma forse nel post pandemia questo è ancora più forte. Che cosa si può fare?

Io credo che sia un'opportunità che ci viene offerta: se io penso alle prime comunità cristiane erano piccole comunità in mezzo a tantissimi pagani o non credenti, eppure hanno cambiato il mondo. Quindi credo che sia una grandissima opportunità questa fatica, di difficoltà nella Chiesa, di disagio, di minore partecipazione. Ma forse è un'occasione d'oro che il Signore ci dà affinché e qui parlo da credente, ovviamente affinché ogni battezzato si senta corresponsabile. Questa per me è la grande sfida nei prossimi anni; darci una mano, aiutare affinché ogni battezzato si senta ancora responsabile della comunità cristiana, dell'annuncio del Vangelo e della testimonianza della bellezza del Vangelo. E quindi credo che un'occasione veramente un'opportunità che abbiamo perché pensando ai primi secoli della Chiesa è così, poche persone che avevano una fede forte, convinta, sentita.
Io penso a un'esperienza, non dico in quale Paese è successo, in cui mi raccontavano i giovani frati della comunità che nella loro esperienza di fede: ogni domenica andare a messa significava avere la possibilità di essere picchiati. Quindi ogni domenica oggi decido di andare a messa, so che posso incorrere un po' in questa fatica e questa difficoltà, questo ha fortificato la fede, ovviamente non dico che dobbiamo arrivare a questo, ma penso che davvero questa minoranza, se così oggi siamo, come diceva Papa Benedetto XVI, è una minoranza creativa. Ecco qui la vera sfida. Minoranza creativa, Abbiamo bisogno di creatività.


Il Papa dice spesso di fare più figli. Sappiamo che però l'allarme che viene lanciato dall'Istat negli ultimi anni continua a peggiorare. Sempre meno bambini, sempre più anziani, soprattutto nella nostra città. Questo tempo di Natale può essere un tempo di grande solitudine, soprattutto per gli anziani. Da una parte gli anziani e da una parte questa famiglia che viene troppo poco aiutata, sostenuta.

Certo, se c'è un dato di fatto, magari di un bisogno molto più grande di sostenere le famiglie, io credo che sia una verità e di essere vicino in modo speciale agli anziani nella loro solitudine. Credo che anche ci sia forse da parte delle coppie, un po' il bisogno di crescere nella fiducia, nella fiducia verso il futuro. Perché magari pensando al futuro uno si fa 787 domande ed è bene farsene, ma forse anche bene se voglio correre il rischio di..perché credo che sia importante questa voglia, voglia di correre dei rischi, di dire sì, so che è un grandissimo regalo che posso fare a me, alla mia famiglia, alla società. Certo, è un rischio, certo, ma credo che siamo chiamati a correre dei rischi anche oggi e per questo credo vicino alle politiche familiari che sono da incrementare, da far crescere, essere più attenti e Stati europei hanno dimostrato che tra virgolette funziona. Brutta parola, ma non me ne vengono altre. Anche dall'altra parte. Credo che corriamo questo rischio. Corriamo questo rischio insieme perché vogliamo far sì che la nostra famiglia abbia la presenza di figli, la società possa contare sui figli e sul continuare la nostra storia e le nostre generazioni.

Prima di diventare vescovo di Genova lei ha girato il mondo, c'è un Natale, un insegnamento, un'immagine che si porta nel cuore, anche in popoli molto più poveri dove però forse il significato più autentico?


Purtroppo non ho mai avuto la grazia di vivere un Natale fuori da Roma, perché è il momento in cui ci troviamo tutti i confratelli per vivere insieme il Natale. Certo, io ho presente situazioni in Africa, in cui ho partecipato alla preparazione al Natale, anche di come la gente veniva dai villaggi vicini, quattro, cinque ore di cammino per partecipare alla preparazione del Natale e con la loro cultura, con il loro stile, con quello che erano un po' le cose più importanti per loro.
Credo che davvero questa festa del Natale sia una festa che unisce tutti quanti noi e questo e penso che sia la cosa più bella da dirci. Il Natale è un momento che ci accomuna, che ci unisce, che ci fa vivere insieme e credo che sia il regalo che possiamo farci l'un l'altro.


In conclusione, monsignor Tasca per la Chiesa genovese è un momento un po' di sofferenza per la partenza di monsignor Anselmi, per tanti don Nicolò. Ci sarà il suo saluto il 13 gennaio. Anche per lei un po' una sofferenza questo distacco è così?


Certo, è una grossa sofferenza per me. In questi due anni ho imparato tanto da lui. Ho imparato veramente tanto a conoscere la città, conoscere le persone, conoscere questa Chiesa e gli sono profondamente grato di questo. E certamente lo dico sempre per noi è una grande perdita, il Santo Padre ha deciso e noi ubbidiamo, ma per noi è una grande perdita. Certo, per la Chiesa di Rimini è veramente una grazia. Quindi l'augurio che davvero questa Chiesa sappia camminare insieme con il suo vescovo.

Le lascio la telecamera monsignor Tasca per gli auguri ai nostri telespettatori.


A tutti voi l'augurio di un Santo Natale per noi credenti è un momento importante. Noi sappiamo e crediamo che Dio Padre ci ha salvati non con uno schiocco delle dita, ma attraverso l'incarnazione, cioè condivide, condividendo la vita di ogni giorno di noi, uomini e donne. Gesù ha fatto questo ed è davvero bello. L'augurio che faccio a tutti voi, a tutte voi, di crescere sempre di più nel condividere, per sentirci parte di una comunità, di una famiglia, di una famiglia che si prende cura di tutti. Ed è questo veramente l'augurio più bello che faccio a tutti voi, cari genovesi e care genovesi e a tutti coloro che in questo momento vivono e condividono la nostra città, a tutti e a tutti. Santo Natale.

 

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