Entro la fine dell'anno grazie all'impegno di un'ostetrica genovese verrà inaugurato a Ikelu, in Tanzania, il primo e unico reparto di neonatologia dell'intera regione di Njombe. Marta Scarzella, 26 anni, da tre anni lavora in questo ospedale di villaggio a 1800 metri di altezza, prima è arrivata una stanza dedicata ai nati pretermine ora è in costruzione la struttura che ospiterà 15 posti destinati a cambiare il futuro non solo di chi nasce prematuro ma anche di chi ha patologie nei primi mesi di vita.
Da una parte l'amore per l'Africa, dall'altro quello per i bambini, in mezzo il dolore per un neonato che le è morto tra le braccia. Da quello sconforto, da quella frustrazione nasce la voglia di cambiare le cose e così insieme all'associazione Pamoya Onlus inizia a raccogliere fondi per creare la prima stanza per prematuri del St Joseph Hospital, ci riesce e due anni fa la inaugura: "Qui fa freddo anche se siamo in Africa - racconta in collegamento da Ikelu - e queste temperature per un prematuro possono aumentare il rischio di morte anche perchè prima non avevamo le incubatrici, ecco perchè era così importante creare un ambiente riscaldato e protetto".
All'inizio le stesse mamme facevano da incubatrici e da infermiere perchè per esempio "non avevamo gli strumenti per rilevare il battito, grazie ai fondi raccolti abbiamo comprato le prime strumentazioni e anche fatto nuove assunzioni".
Una stanza che a causa del numero sempre crescente di prematuri che arrivavano anche da paesi vicini è diventata troppo piccola, da qui l'idea di una neonatologia. "Ci aspettiamo tanti bambini anche da zone più lontane - spiega - perchè sarà l'unica di tutta la regione". I lavori sono partiti subito dopo l'autorizzazione arrivata a inizio anno grazie alle donazioni arrivate dall'Italia all'associazione che consente di pagare le cure e le degenze ai piccoli e alle loro mamme".
In swahili i prematuri vengono chiamati 'piccoli fiammiferi', prima della creazione della stanza a loro dedicata a Ikelu l'ospedale più vicino era a quasi quattro ore di distanza e spesso non sopravvivevano al trasferimento.
Marta ha la luce negli occhi mentre racconta questo progetto che concretamente sa potrà salvare molte vite e cambiare il destino di tante altre. "Non so dire se tornerò a Genova - spiega - ora ho voglia di seguire concretamente questo progetto, sto bene qui poi nel futuro si vedrà, di certo tornerò a casa tra una decina di giorni per le vacanze e spero anche di vaccinarmi".
La pandemia in Tanzania che ha tutto un peso diverso: "Fortunatamente stiamo vivendo un periodo più tranquillo, ci sono stati dei mesi anche quest'anno oltre l'anno scorso dove eravamo preoccupati perché nel nostro ospedale non avevamo i test, non potevamo fare tamponi quindi avevamo dei pazienti sospetti covid ma non sapevamo come trattarli, fortunatamente avevamo nelle stanze per l'isolamento e quindi venivano messi lì, eravamo preoccupati molto per i vaccini perché all'inizio era girata a voce che non volessero farli arrivare qua invece adesso dovrebbero arrivare anche se non si sa quando. Qui il Covid è un argomento secondario forse tabu', l'anno scorso a maggio si parlava di 500 contagi poi non si è saputo più nulla, non si sono più contati".
Per aiutare la rccolta fondi di Marta https://gofund.me/5504216fe per avere tutte le info sull'associazione http://pamoya-onlus.ite dell'associazione Pamoja onlus
salute e medicina
Il sogno di un'ostetrica genovese diventa realtà: entro fine anno apre una neonatologia in Tanzania
La prima e unica struttura della regione di Njombe
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