Il muro di spacciatori di colore è una fisarmonica: si apre al passaggio delle auto e delle pattuglie in divisa e si chiude quando le forze dell'ordine spariscono dalla vista.
Sono le 17. In via Prè il giorno dopo l'operazione in grande stile della polizia contro gli spacciatori senegalesi, con pure il tocco scenografico dell'elicottero, ha ripreso la sua immagine di casbah assillata dai pusher.
Pochi passanti, fra cui un gruppo di adolescenti italiani senza mascherine che urlano canzoni rap, e una processione di poliziotti: a piedi e in auto.
Padre Rinaldo, parroco della San Sisto di Prè da oltre venti anni, appostato sull'uscio della porta della chiesa, più che un pastore di anime, a pochi metri dagli spacciatori, sembra un guardiano.
Ma è solo un'impressione. Il prete ammette che è stato lui a inviare l'ennesimo esposto alla procura a nome di commercianti e passanti. La denuncia che ha fatto scattare l'operazione antidroga della squadra mobile e permesso di incastrare quattordici pusher senegalesi, tre dei quali sono latitanti, solo otto sono finiti in galera e nessuno sarà mai espulso, come ha rimarcato il procuratore capo Francesco Cozzi.
"Sì, tutto sembra essere tornato come prima - riflette padre Rinaldo -, ma l'operazione di ieri non è stata inutile, adesso questi spacciatori forse sanno che non sono intoccabili. La differenza fra la mala di Prè dei napoletani e quella attuale? Ora non c'è rispetto, perchè questi migranti non hanno radici, arrivano da altri mondi, altri usi. Prima degli anni '90 non era così".
Padre Rinaldo si è sempre esposto in prima persona per difendere via Prè: "So benissimo che i delinquenti, gli spacciatori, sono una piccola parte della grande comunità senegalese, molti dei quali quando hanno bisogno bussano alla mia porta e io gli apro. Ma è giusto pretendere che il quartiere non venga monopolizzato da persone che vivono vendendo sostanze che uccidono chi le usa. I consumatori e anche i venditori sono sempre giovani e con la pandemia si sono allargati sempre di più. Per questo ho presentato la denuncia alla procura. Lo sa come si giustificano quando gli dico di non spacciare? Mi dicono che loro devono lavorare. Per loro vendere droga è un lavoro come un altro".
A pochi metri di distanza dalla chiesa c'è un'altra cittadina che si ribella, l'anziana titolare di una merceria originaria di Messina, da oltre quarant'anni nei vicoli di Prè: "Io sono in pensione e potrei chiudere, ma non lo faccio perchè ogni serranda che si abbassa è una luce che si spegne e non si accende più. Li vede gli spacciatori qui a fianco? Loro stanno nel punto dove ci sono serrande abbassate. Io non voglio lasciargli via libera, lasciargli anche il mio pezzo di via Prè, non voglio fargliela vincere".
La sua testimonianza è la conferma di quanto più volte lo stesso procuratore Cozzi e il questore di Genova Ciarambino hanno detto: "Il centro storico non si salva con la repressione ma facendolo rivivere, occupando le case vuote e permettendo di rialzare le saracinesche abbassate"
cronaca
Genova, il prete e la merciaia: così via Prè tenta di resistere ai pusher
Il giorno dopo la maxi operazione della polizia gli spacciatori rioccupano gli spazi
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