Sotto i colpi della prima ondata, tra marzo e aprile, il vizio di fare politica sulla pandemia si era manifestato all’inizio in modo moderato, crescendo poi progressivamente. Lo choc era talmente forte, le misure prese dal governo talmente inedite che le reazioni erano state quasi quelle di una iniziale condivisione. Nel silenzio pesante del lock down. A parte qualche clamorosa e iniziale cantonata, sia da una parte che dall’altra degli schieramenti, come le sparate di Salvini sulla malattia poco più di una “influenza” e gli inviti del sindaco di Milano Sala a andare a “farsi tranquillamente un aperitivo”, c’era stata come una specie di accordo silenzioso, una tregua, una zona più o meno franca.
Ma oggi che siamo in preda alla seconda ondata con una progressione di numeri così spaventosa, la musica è completamente diversa. La pandemia viene utilizzata come arma politica da una parte e dall’altra senza esclusione di colpi. Ci sono attacchi quotidiani alle decisioni del governo e delle autorità sanitarie, ci sono repliche durissime. Si scontrano maggioranze e opposizioni del governo centrale e di quelli regionali. Le regioni governate dal centro destra alzano il tiro su Roma giallo rossa e le opposizioni giallorosse nei Comuni e nelle regioni attaccano dalla periferia il centro.
I virologi, gli scienziati e i medici in generale, che sono riapparsi in massa in ogni dove, dopo un’estate di oblio, aggiungono materiale alle contrapposizioni politiche e a quelle tra loro stessi. Il sistema mediatico, oramai quasi totalmente orientato sul tema, è talmente onnipresente e invasivo che aggiunge continuamente benzina sul fuoco. Quello che colpisce sono i toni, i linguaggi che ormai trasbordano: dalle invettive di un grande filosofo come Massimo Cacciari, alle idiozie del presidente della Samp Ferrero che suggerisce agli esperti dove infilarsi i tamponi.
Un delirio al quale non sfugge nessuno, neppure le cosiddette “anime belle” che intervengono per criticare le decisioni di quel sindaco, di quel presidente, colpevole di non tenere per esempio conto nelle sue “traduzioni restrittive” nelle situazioni sociali colpite dalle limitazioni. Si chiude il centro storico in alcune strade e vicoli? Certamente si protegge la popolazione, ma si colpiscono duramente le attività anche pulviscolari di chi sopravvive a stento lavorando in quel territorio.
Questo atteggiamento generalizzato di contrapposizione rischia di esasperare un clima già molto difficile. La pandemia è un’emergenza universale che ha spiazzato ogni governo, ogni organizzazione sociale e sanitaria, ogni stato democratico e ogni regime dittatoriale della complessa geografia mondiale. Ciascuno ha reagito come è stato capace e come gli suggeriva la sua politica: i silenzi terribile della Cina, le follie brasiliane di Bolsonaro, lo scatenamento di Trump, il liberi tutti iniziale della Svezia , i lutti annunciati da Jhonson…..
Nessuno aveva una formula, una ricetta e stiamo andando avanti così contro un nemico ancora ignoto. La politica in senso generale dovrebbe fare quadrato, dimenticare maggioranze e opposizioni, unire le forze, sintonizzare anche meglio i legittimamente diversi pareri degli scienziati e dei medici e affrontare “insieme” la più grande emergenza che l’umanità abbia mai affrontato dalla fine dell’ultima guerra mondiale. Non vuol dire uccidere o silenziare i dissensi ma lavorare insieme.
cronaca
Far politica sulla pandemia: un virus più cattivo del Covid-19
La politica dovrebbe dimenticare maggioranze e opposizioni e unire le forze
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