Vivo a Genova, “città dei nonni” per eccellenza. La prima città italiana che molti anni fa, per esempio, inventò la bellissima figura del “nonno vigile”, per dirla con l’orrido linguaggio contemporaneo, un anziano attivo che controlla i bambini all’uscita dalle scuole e ai giardinetti pubblici. Città di nonni perché ha una potente popolazione anziana.
Quindi nel mirino sia del coronavirus che dei regolamenti che, correttamente, il governo Conte ha introdotto nella mediaticamente confusa notte di sabato.
Vale di più l’invito-ordine di restare il più possibile chiusi in casa o quell’ umana tendenza a andare dai nipoti, considerando che quest’ultima, nella maggior parte dei casi, significa per molte famiglie consentire ai figli che lavorano di andare a lavorare, lasciando appunto i bambini obbligati a non andare scuola o all’asilo a restare in casa?
E’ il primo e più importante dilemma che ha reso così disagevole la già complicata vita dell’anziano, ancorché attivo o no.
C’è anche il dilemma sanitario: il consiglio del medico di camminare, muoversi, non restando tutto il giorno davanti alla tv. Dunque la soluzione potrebbe essere quella di uscire, muniti di gel disinfettante in tasca, e passeggiare speditamente e inesorabilmente in solitaria, per strade poco frequentate, evitando in modo tassativo incontri ravvicinati. Appena si scorge in lontananza un conoscente (o peggio un caro amico) fare in modo di non farsi vedere, rendersi irriconoscibile allo scopo di scansare contatti rischiosi.
Come rispettare, poi, la distanza del metro abbondante alla cassa del supermercato? Ci provo, ma la madama che mi sta alle calcagna mi spinge con il suo mastodontico carrello colmo di provviste per il prossimo cenone di Capodanno. E se mi ostino a tenere la distanza che mi ha chiesto Conte con quello in coda davanti a me, la malefica madama, subdola alleata del Coronavirus, tenta di sorpassarmi. Tenta. Perché a quel punto abbandono quel ristretto margine di buona educazione che è riuscito a resistere alla vita sociale di oggi, e la ricopro di improperi sussurrati, ma efficacissimi.
Fortunatamente la mia reazione scatena l’approvazione degli altri in coda (nessuno dei quali rispettava le distanze) che prima si allungano per rientrare nelle “Regole di Giuseppi”, poi aggiungono altre cortesie verbali per lo più irripetibili all’indirizzo di Madame Contravirus. Che a quel punto, sconfitta, decide di abbandonare la coda e si rigetta coraggiosamente dentro gli scaffali.
Finalmente riprendo il cammino solitario verso casa, con il mio sacco di vettovaglie, moderato ma pesante. Pensando alla vecchiaia, alla “città dei nonni”, al camminare solinghi per corsi e viali, in attesa fiduciosi della primavera.
salute e medicina
Io nella "città dei nonni" con i consigli di Giuseppi
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