Massimo Ferrero ha toccato il fondo perché, dopo lo scempio tecnico, tattico, "culturale", storico e ambientale degli ultimi tempi, culminato nella triste notte di Verona, non ha trovato di meglio che dire due cose. La prima: "Di calcio non capisco niente". E poi, per confermarlo: "La Sampdoria è la stessa dello scorso anno, anzi, l'abbiamo rinforzata". Basterebbe questo per farlo dichiarare calcisticamente incapace di intendere e di volere. Invece...
Invece sarà ancora lui, dopo avere ingaggiato con un colpo di teatro, pardon di cinema, Andrea Bertolacci, a cercare di risolvere questa crisi spaventosa: di risultati, di gioco, di identità. Già, perché da tempo gli altri attori che avevano calcato la scena blucerchiata, con un buon bagaglio di competenze, sembrano usciti di scena: il vicepresidente vicario, Antonio Romei, che ha pagato la trattativa con il gruppo Vialli, da lui virtualmente e positivamente conclusa a marzo; il direttore sportivo Carlo Osti, delegato al ruolo di team manager; il redivivo Riccardo Pecini, passato dagli straordinari colpi Icardi, Schick e compagni a quelli zoppicanti dell'ultima campagna acquisti; per non dire di Marco Giampaolo, che non sarà certo il miglior allenatore del mondo ma di certo era il più adatto a gestire il fai e disfa del Viperetta, come dimostra il fatto che con il tandem Zenga-Montella e con Di Francesco si è rischiato allora e si sta rischiando oggi la retrocessione. Solo Giampaolo è riuscito a sopravvivere senza sconquassi, perché Mihajlovic (e relativa ottima squadra) erano stati ereditati dalla precedente gestione.
Di Ferrero, peraltro, si conoscono già le obiezioni; "Ma io ho costruito le palazzine di Bogliasco, ho comprato il Ferraris, ho speso 40 milioni, ho acquistato nove giocatori cedendone soltanto due, la società vale 100 milioni". Dichiarazioni che rilasciate al compiacente intervisatore di turno hanno persino un che di aulico e musicale ma che non reggerebbero il contraddittorio neppure con un bambino, purché minimamente informato.
Eppure, i sampdoriani ora sperano, devono sperare che Ferrero quest'anno ne azzecchi almeno una: dopo avere rifiutato di vendere la Sampdoria ad un gruppo solido e ben rappresentato, dopo avere ingaggiato lo stranito Di Francesco (che dal primo giorno ostenta l'espressione di colui che si domanda "ma chi me lo ha fatto fare"), dopo avere sbagliato totalmente il mercato, dopo avere vilipeso, oltraggiato e offeso senza più freni inibitori la storia della Sampdoria e i suoi degni protagonisti, dopo avere combinato tutto questo gettando la squadra all'ultimo posto della classifica (tocchiamo ferro, mai nessuno si è salvato essendo messo così male alla settima giornata di campionato), imbrocchi la scelta del nuovo allenatore e a gennaio abbia la forza finanziaria per reperire tre acquisti di spessore. Ne dubito, ma come tutti i sampdoriani mi ci aggrappo con forza.
Già, perché la sensazione è che il treno del ribaltone societario si trovi ora su un binario morto. E non potrebbe che essere così. Dopo avere sventolato per mesi un valore della Sampdoria assolutamente fuori mercato (se nessuno è disposto a riconoscertelo, vuol dire che non vale tanto), Ferrero è riuscito in poche settimane a sbriciolarlo ulteriormente, portandolo persino al di sotto della soglia equivalente alla prima offerta degli americani. Che ora, con la faccia triste di Gianluca Vialli, possono solo guardare e aspettare le prossime mosse del Viperetta, professore emerito alla Luiss di Roma.
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Massimo Ferrero ha toccato il fondo perché...
In poche settimane il presidente ha sbriciolato il valore della società e della squadra
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