Silenzio.
Tutto è racchiuso in questa parola.
Il silenzio di quel 14 agosto quando ho chiamato il centralino dei vigili del fuoco, nessun saluto o domanda solo un "sì, è vero" che non dimenticherò mai.
Il silenzio di quando ho visto arrivare sul mio cellulare la prima foto dal luogo della tragedia e ho capito che nulla sarebbe stato più come prima.
Il silenzio prima dell' inizio della diretta su Primocanale con cui ho vissuto e condiviso quelle prime ore di incredulità, commozione e prime molto, molto frammentarie informazioni.
Il silenzio che mi ha messo i brividi la prima mattina in via Porro lato Sampierdarena davanti a quelle transenne che indicano la zona rossa. Un paio di centimetri al di là ci sono brandelli di vita: panni stesi, fiori sui terrazzi, tapparelle tirate su e poi solo silenzio, un silenzio che non ti lavi più via dalla pelle e che ti entra dentro, per sempre.
Il silenzio di 43 vite finite.
Il silenzio di 600 vite messe in stand by.
Il silenzio di vie intere che prima erano sinonimo di traffico, auto, bus, scooter e ora sono praticamente vuote.
Il silenzio dentro di me un attimo prima di incontrare ogni sfollato che in queste settimane si è raccontato, confidandosi anche quando il microfono si spegneva.
Il silenzio del traffico del Ponente senza clacson e strombazzamenti strani. E lo so che il traffico non può essere silenzioso ma da quel 14 agosto lo è, è il suono della rassegnazione del Ponente che si deve comunque spostare.
Il silenzio prima di aprire la porta della camera di ospedale di Gianluca Ardini sopravvissuto al crollo del ponte e ora neopapá.
Il silenzio dell' alba davanti allo squarcio non solo fisico ma anche emotivo che ognuno di noi prova da quel 14 agosto.
Il silenzio delle macerie all'alba quando le gru non si sono ancora messe al lavoro per togliere gli ultimi detriti dal Polcevera e il vento su quel ponte, che ormai per tutti 'è quello dei giornalisti', che non ti abbandona mai, come ti volesse tenere compagnia, sostenerti, aiutarti a raccontare quello che sembra ancora impossibile.
Il silenzio che segue le lacrime di ogni sfollato che mi ha raccontato la sua casa, la sua vita, la sua via Porro e via Campasso.
Il silenzio intorno al camion bianco ancora sul moncone di ponente del ponte.
Il silenzio di via Porro lato Certosa rotto solo dal rumore delle foglie spostate dal vento.
Il silenzio delle 11.36 urlato dagli sfollati che ormai conosco per nome.
Il silenzio delle loro, mie lacrime.
Il silenzio di piazza De Ferrari rotto solo dagli applausi alla lettura dei nomi, delle storie delle 43 vittime.
Il silenzio della piazza nell'aiutare la commozione dei soccorritori, tutti, che sono intervenuti.
Il silenzio di una città che dal 14 settembre, ha auspicato Tullio Solenghi dal palco, sarà anche e soprattutto 'città orgogliosa'.
Il silenzio dell'incredulità.
Il silenzio, lo squarcio dentro di me.
14 agosto 2018 - 14 settembre 2018
#genovanelcuore
cronaca
Il silenzio, lo squarcio dentro di me
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