Ieri, invischiati nel petrolio. Oggi, invischiati nella burocrazia. Due anni esatti dal disastro ambientale di Fegino: il 17 aprile 2016 un tubo dell'oleodotto Iplom si spaccò e riversò nel rio Pianego 680 mila litri di greggio che arrivò quasi in mare, alla foce del Polcevera. Da allora passi avanti non ce ne sono stati. La bonifica non è mai partita. E non è detto che partirà mai.
"Siamo in una situazione di stallo. Non sappiamo che fine faremo. Non ci considerano neanche, non c'è un contatto, un referente. Siamo nell'incertezza più assoluta", spiega Piero Costantino del comitato Borzoli-Fegino che da due anni non molla la presa. "Con le forti piogge riaffiorano le macchie azzurrastre - dice un altro cittadino, Stefano Rivolta - L'impressione è che si vogliano allungare i tempi per non fare nulla, sperando che la gente si dimentichi".
Da due anni Primocanale segue la vicenda al fianco dei cittadini. La lunga diretta sull'emergenza petrolio, la lotta contro la pioggia, il caso Multedo direttamente connesso, le promesse del nuovo sindaco Bucci in Terrazza Colombo. Oggi il rischio è che quella bonifica tanto attesa non si faccia mai.
Il succo è tutto in un cavillo al quale si aggrappa Iplom, che a Fegino possiede sia i tubi che i depositi. L'azienda ha fatto ricorso al Tar perché ritiene che la regia dell'operazione bonifica competa al ministero dell'ambiente. Per sostenere questa posizione ha tirato in ballo una recente delibera della Regione Toscana sugli alvei fluviali. Il Comune, invece, rivendica la gestione della pratica per poter dare alla società petrolifera diktat molto più stringenti. Chiaro, dunque, che la società si opponga. E nel frattempo, nulla si muove.
"Aspettiamo un parere dal ministero dell'ambiente - conferma l'assessore comunale competente, Matteo Campora - Dobbiamo ancora ricevere i dati del piano di caratterizzazione di Iplom. Dopodiché, entro il 15 maggio verrà convocata una commissione consiliare dedicata". Rimandata per l'ennesima volta anche la conferenza dei servizi, dove Arpal e Città metropolitana avrebbero dovuto esprimersi sui monitoraggi eseguiti da Iplom. L'azienda li ha infatti trasmessi, ma non al Comune, bensì al ministero dell'ambiente, interrompendo così il percorso iniziato nel 2017.
Ma anche se la pratica uscisse dal pantano legale, non è sicuro che rii e torrenti vengano toccati. Le analisi, infatti, dimostrerebbero che il livello di idrocarburi è sotto le soglie di legge. Se questi numeri verranno confermati, non sarà eseguita alcuna bonifica. Anche se la Regione pare di un altro avviso. "I cittadini hanno ragione, chiedono ciò che è scritto nelle principali norme ambientali: chi inquina paga e mette a posto ciò che ha inquinato - interviene l'assessore regionale all'ambiente, Giacomo Giampedrone -. Ho chiesto un tavolo al ministero, i lavori vanno fatti".
A Fegino l'unica cosa certa è la paura. L'inchiesta della Procura ha rilevato 270 punti critici nell'oleodotto. "Chi ci garantisce che non si romperanno? Nessuno", sospirano i cittadini. E poi c'è la puzza. "Il nuovo codice dell'ambiente prescrive limiti più stringenti sulle emissioni - osserva Antonella Marras del comitato -. Il sindaco è la maggiore autorità sanitaria, deve applicare la normativa".
I tubi, invece, si sposteranno dal rio Fegino al sottosuolo. Come a Multedo. "Ma di certo non se ne andranno da Borzoli - conclude Rivolta -. Nessuno ha il coraggio di dirci che dovremmo andarcene di qui. Nessuno ha il coraggio di dire che il sindaco non sa cosa fare. A Bucci ho chiesto delle centraline, e lui mi ha risposto stupito: perché, non le hanno ancora messe?"
cronaca
Due anni fa il disastro di Fegino: ora la bonifica rischia di saltare
Iplom fa 'melina', Tursi in ritardo. I cittadini: "Non sappiamo nulla"
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