La sentenza del Tar con cui sono state bocciate le nomine di cinque dei venti nuovi direttori museali italiani, mettendo a rischio anche quella per il Palazzo Reale di Genova, è emblematica della debolezza italiana di fronte ai cambiamenti. La ragione è nascosta nelle parole con cui ha reagito il segretario del Pd ed ex premier Matteo Renzi: "Abbiamo sbagliato a non cambiare anche i Tar".
Una posizione dura nei confronti di un eccessivo interventismo della magistratura. Ma proprio la replica dei giudici amministrativi mette il dito nella piaga: "Se si vogliono fare certe cose, come aprirsi all'Europa, e noi siamo d'accordo, bisogna cambiare le leggi". Ad esempio quella che vieta agli stranieri l'ingresso nelle nostre strutture burocratico-amministrative.
Eccolo, allora, lo snodo cruciale: l'eccesso di dilettantismo da parte della politica, anche di fronte ai temi più delicati, e l'eccesso di furbizia da parte degli uffici, i cosiddetti tecnici, che nei ministeri supportano le decisioni. È il combinato disposto di questi due elementi a produrre certi disastri.
L'uno sarà insanabile fino a quando i meccanismi di selezione della classe dirigente non saranno modificati, ripristinando anche la verifica del principio della conoscenza, e/o della disponibilità ad essa, prima di affidare un determinato incarico, sia a livello nazionale che locale.
L'altro, la scaltrezza della burocrazia nel perpetuare se stessa, è legato all'indietro dizione di meccanismi sanzionatori non più rinviabili: mi fai sbagliare nell'impostare una pratica? Paghi il conto. E scorciatoie tipo fughe dalla responsabilità non devono essere più consentite: traccheggi nel definire una pratica? Devi cambiare mestiere!
Sia i ministeri sia i Comuni, in particolare, sono zeppi di persone, in gran parte dirigenti, che praticano questo tipo di atteggiamento. E che diventa esiziale quando si sposa con l'incapacità e la presuntuosa supponenza dei politici. I quali, in grande maggioranza, preferiscono ragionare in termini di slogan, non di veri contenuti.
Renzi le lame con il Tar, in quel caso quello ligure, le aveva già incrociate di fronte ai ricorsi e alle sospensioni dei cantieri per alcune opere legate alla messa in sicurezza di Genova contro le alluvioni. Poi, però, ha cambiato qualche norma e ha stanziato i denari necessari a realizzare i lavori. Forse non se n'è accorto, ma ha fatto proprio quanto - di fronte al caso direttori dei musei - gli chiedono i magistrati amministrativi. E il buon senso.
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In ostaggio di politici incapaci e 'furbetti delle procedure'
Dietro il caso Tar-direttori dei musei, che sfiora Genova
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