Qualche giorno fa Franco Manzitti rimpiangeva l’epoca delle campagna elettorali fatte nelle piazze con i comizi. Erano una concreta prova di “tenuta fisica” e “psicologica” dei candidati che, spesso, parlavano da un palchetto solo agli autobus che sfrecciavano davanti.
Poi c’è stata la stagione dei dibattiti sui giornali e in tv dove i giornalisti, mediatori tra politici e cittadini, governavano il confronto, spesso cercando solo lo spettacolo e poco il raggiungimento di un obiettivo serio: far capire il programma del candidato.
Oggi con questa campagna per le comunali di Genova stiamo assistendo a un fenomeno abbastanza singolare: la “compagnia di giro” dei mille candidati si sposta da un palcoscenico all’altro come una compagnia teatrale. I palcoscenici sono, di volta in volta, le sedi di associazioni di categoria, circoli, fondazioni benefiche, club che si sono sostituiti agli organi di informazione, assumendosi questo ruolo di “mediatori”. Ma mediatori solo fra i candidati e la categoria. E quello che dicono è lo stesso copione teatrale che viene recitato da una sede all’altra senza cambiamenti e senza sorprese.
La compagnia di giro dei candidati si presenta alle 9 dagli infermieri professionali, alle 11 dai commercianti di naselli, alle 13 dagli autisti del “36”, alle 15 dagli studiosi di aramaico, alle 17 dalle estetiste, alle 19 dagli inventori di apericena, alle 20 da Borzani, alle 21 da Viziano, alle 23 dai guardiani notturni della Lince, a mezzanotte dall’associazione delle farmacie di turno per ricominciare alle 5 del mattino con gli scaricatori degli ortofrutticoli.
Tutti insieme, da Bucci a Crivello, da Merella a Pirondini e C. Si rivedono, si ritrovano, ormai sono fratelli di viaggio, compagni di merenda. A ripetere lo stesso copione declinato a uso della platea: così passeranno dalla difesa delle siringhe di titanio a quella del pesce diliscato, dal progetto per fare imparare l’aramaico alle estetiste a quello per realizzare il miglior chupito con le pasticche solubili di Maalox.
Ogni categoria avrà la sua fettina di pseudo-programma, piccola, limitata, stitica, spesso raffazzonata da qualche ideuzza preparata dagli staff, costretti a inventarsi a tempi degni di Mennea fantasmagorici scenari di genere senza alcuna visione d’insieme. La tanto attesa Idea di Città.
Ha ragione Franco Manzitti. Alla fine erano meglio i comizi al vento e alla pioggia, davanti al vuoto. Almeno quel poco o tanto di idee generali, complessive, di valori e obbiettivi si diffondevano nell’aere della città, da una piazza a un vicolo. E non restavano chiuse in una stanza a caccia di piccoli consensi di cortesia.
politica
La strana campagna elettorale della "compagnia di giro"
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