Consapevole della complessità dei misteri del cuore della persona umana e, cosa non comune, al tempo stesso professore ingegnere del progettare e fare cose che generino valore, Vincenzo Tagliasco (foto da Gianniansaldi.com), ha lasciato alla gente di Liguria un semplice e profondo messaggio di amicizia spirituale, tracciabile in tanti suoi scritti, oggi quanto mai prezioso. Nonostante le critiche – provocatorie, a volte aspre, ma sempre costruttive - che responsabilmente e con grande lucidità e lungimiranza, era capace di sviluppare e rivolgere con costanza a ogni tipologia di potentato ligure, senza riguardi per alcuno, l’affetto per i liguri, persone costrette a vivere fra la terra e il mare, era evidente: una vera e propria “amicizia spirituale”.
Concepiva l’amicizia non come un fatto elitario, né come un do ut des, ma come strumento di ascolto reciproco e di dono generoso, di messa in comune con la persona che aveva la ventura di incontrare di ciò che stava sul proprio piatto nel momento stesso dell’incontro: per lui, quod super est non era il superfluo, il di più, ma ciò che gli era davanti per nutrirsi, il suo cibo, materiale o spirituale che fosse. Aveva chiaramente inteso che soltanto così poteva far crescere la sua persona e, al tempo stesso, offrire occasione agli altri di crescere con lui, anche più di lui e dopo di lui. Quanto ciò fosse importante e prezioso lo sanno bene per primi tutti i suoi tanti studenti, che diventavano, quasi subito, anche suoi amici, amici spirituali di un Maestro che si faceva in aula loro amico, piccolo con loro. Per loro, era sempre disponibile, sapeva sia istruirli sia educarli, attraverso un equilibrato alternarsi di stimoli provocatorii e di rimproveri severi.
Era disponibile, certo, anche per i potenti, ma lo faceva soprattutto in nome e per conto dei suoi allievi-amici che era chiamato a contribuire a formare a tutto tondo. Da accademico di razza e di riconoscimento internazionale, era ben conscio dell’insopprimibile istinto del single man band degli universitari, eppure sapeva che il risultato importante che genera valore, così come il successo di uno spettacolo col pubblico, pur necessitando del solista, poteva essere figlio soltanto di un gioco di squadra ben preparato e orchestrato. Ecco perché il tratto che meglio lo identifica è quello dell’amicizia spirituale, che sapeva alimentare e orchestrare con originalità e delicatezza. Un’amicizia immateriale eppure così solida al punto da farsi rete, rete fitta e fine di amici spirituali che si riconoscevano nei comportamenti a volte senza neppure conoscersi come persone.
Vos autem dixi amicos, scrive Giovanni nel suo Vangelo parlando del rapporto di Gesù coi suoi discepoli. E Vincenzo Tagliasco aveva intuito anche come tale rapporto di amicizia spirituale fosse cosa bella, perché egli sapeva percepire e apprezzare ciò che è bello. Un tratto purtroppo sottovalutato dalla maggior parte delle persone del nostro tempo, e da alcuni ascritto addirittura come una delle principali cause delle sofferenze del mondo attuale, specie perché non rilevato dai sensori della coscienza della persona umana. Quella coscienza che Vincenzo ha provato a studiare nel corso della sua vita, forse fatalmente attratto, con forte coinvolgimento emotivo, dall’intuizione che l’amicizia spirituale fra persone umane sia solo il primo passo per diventare amici spirituali di Altro.
*Professore ordinario Università di Genova
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"Vincenzo Tagliasco, accademico di razza e amico spirituale dei liguri"
Il ricordo di un docente dell'Università di Genova
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