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Parla l'"eminenza grigia" della sanità vaticana
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C'è un filo che unisce l'ospedale Gaslini di Genova, il Bambin Gesù di Roma e le gerarchie ecclesiastiche. Quel filo si chiama Giuseppe “Pino” Profiti. E oggi ha parlato per la prima volta in televisione nel corso di un'intervista esclusiva rilasciata a Primocanale.

Ben noto a Genova e non solo, il suo nome è tornato alla ribalta con Vatileaks 2, da cui è emerso che la fondazione Bambin Gesù, da lui presieduta, avrebbe sborsato 200 mila euro per ristrutturare la nuova casa del cardinal Bertone in Palazzo San Carlo, a Roma. Spese che Profiti ha giustificato parlando di “investimenti istituzionali”.

Profiti nasce a Catanzaro nel 1961. Una carriera che inizia nella Guardia di Finanza e prosegue in Regione, dove è direttore delle risorse finanziarie prima e direttore generale dopo. Inizia a insegnare in Università. Nel 2004, l'allora arcivescovo di Genova, Tarcisio Bertone, lo chiama a dirigere il Galliera. Il porporato lo porta con sé a Roma, quando Benedetto XVI lo nomina segretario di Stato in Vaticano, e come primo atto Bertone designa Profiti supermanager del Bambin Gesù: nelle sue mani ospedale e fondazione.

Nel mezzo, numerose grane giudiziarie tra soldi, Chiesa e sanità. Lo scandalo “mensopoli” a Genova, l'assoluzione in Cassazione dopo le accuse di concorso in turbativa d'asta a Savona, le intercettazioni scottanti di due anni fa in cui ironizzava col cardinal Bertone per i finanziamenti statali al Bambin Gesù, rispetto alle briciole per il Gaslini. Quello stesso Gaslini dove era approdato nel '98 come vicepresidente area medica.

È vero che questo appartamento di 300 metri quadrati è stato ristrutturato con 200 mila euro che invece erano destinati ai bambini malati?
Sì, è vero in parte. È vero che la Fondazione Bambino Gesù con parte del proprio patrimonio, e non con i soldi per i bambini, ha concorso alla ristrutturazione dell'appartamento dello stato vaticano dato in uso alla famiglia ecclesiale del Cardinal Bertone, composta da altre quattro persone. È una normale comunità che alloggia all'interno di un appartamento dello stato della Città del Vaticano.

Una sorta di pensione insomma. Non ha trovato curioso che Bertone abbia detto “li ho messi io con i miei risparmi”?
No, tra i Salesiani ci sono grandi risparmiatori.

C'è un libro che sta stravendendo, “Avarizia”, dove si racconta di un progetto suo e di Bertone per un grande polo sanitario vaticano composto da Bambin Gesù, ospedale di Padre Pio-San Raffaele-Gaslini. È così?
Direi proprio di no, si tratta di elucubrazioni accademiche. Quel disegno non c'è mai stato. Invece c'era il progetto di predisporre alcuni interventi sui punti nodali della crisi per la sanità cattolica, che ha svolto un ruolo importante nella storia di questo Paese. Al cospetto della modernità si sono presentati molti problemi, e il salvataggio del San Raffaele di Milano lo ha dimostrato. Su varie sollecitazioni si decise di intervenire. A un anno dall'intervento di risanamento, è stato messo all'asta e ha suscitato l'interesse di un privato che ha sborsato 400 milioni. Sì, c'è una crisi profonda per le strutture cattoliche impegnate nella sanità di media complessità.

Veniamo alla presunta competizione per i finanziamenti tra l'ospedale Gaslini e il Bambin Gesù. Perché dalle intercettazioni appare un atteggiamento quasi ironico sul fatto che il Bambin Gesù si prende un sacco di soldi e il Gaslini quasi nulla? Vuol dire che lei ha operato in modo così efficace da stornare finanziamenti?
Intanto farò una ricostruzione corretta su quella battuta “Bambin Gesù batte Gaslini 85 a 2”. In questa intercettazione stavo riferendo al cardinale di un titolo apparso su Repubblica-Il Lavoro il 23 dicembre 2013. L'articolo era firmato da Massimo Minella. Chi ha avuto la pazienza di scorrere l'intercettazione sa che parlavamo di un tentativo di collaborazione andato male. Nessun sarcasmo.

Questo rapporto 85-2 cosa significa?
Io parlo del percorso che ha fatto il Bambin Gesù. Si è finanziati perché si ha un progetto, non il contrario. I 30 milioni furono dati sul progetto del Bambin Gesù di creare sedi regionali per evitare le fughe delle famiglie e i viaggi della speranza ingiustificati per le basse complessità.

Segno che lei non si fidava del Gaslini?
Non è così. Se volevano fermare il flusso delle famiglie l’unica strada era creare nuove strutture. Oltre un certo livello di complessità non ha più senso restare in periferia.

Restiamo al rapporto Gaslini-Bambin Gesù. Lei sta dicendo che certi ospedali pediatrici devono specializzarsi. Perché il Gaslini ha avuto così poco?
Il problema è sempre industriale. Nascono pochi bambini e il Paese comincia a tagliare la pediatria. La risposta del Bambin Gesù era di aprire centri locali per evitare una mobilità non necessaria.

Da grande esperto di sanità pediatrica che destino può avere il Gaslini? La vocazione mediterranea?
Non so se c'è o non c'è questo bacino. Scenario attendibile, auspicabile. Bisogna allargare quello che è un bacino naturale.

Lei parla di bacini e riprofilarsi di bacini. Tradotto in maniera semplice: il Gaslini fa pochi numeri. I numeri contano, al Gaslini devono accontentarsi?
Nella grande casistica c'è sempre un grande bacino di utenza. Per specializzarsi occorrono molti casi. Più diventi bravo e più casi complessi arrivano. Bisogna allargarsi su nicchie di patologie ad alto valore aggiunto.

Per giocare questa partita bisogna avere eccellenze, lei ne ha portate via dal Gaslini.
Io credo di esser stato causa di un doppio male. Ho tolto due professionisti, nello stesso tempo me ne sono stati tolti quattro, normale concorrenza. Professionisti straordinari. Il danno più grave è che essendo stato io la causa di aver tolto eccellenza al Gaslini è invece diventato un alibi per il Gaslini.

A lei piacerebbe tornare?

Gasliniano per un giorno, gasliniano per sempre. E conosco chi ha sostituito quelle persone, numeri uno, non due. Il problema è sempre la soluzione, la prospettiva strategica.

Torniamo all’appartamento di Bertone. Lei sostiene che è una specie di sede di rappresentanza?
Non si tratta di una motivazione come può essere stato pensato. Il Vaticano esercita verso le multinazionali americane uno straordinario fascino che può convincerle a investire…

Il cardinal Bertone oggi ha perso molto potere e lei come si trova?
Io porto dietro di me un ricordo straordinario. Sono stato arrestato il 21 maggio 2009, il giorno stesso mi ha confermato l’incarico, in 5 anni non è mai mancata la sua fiducia. A loro auguro di avere accanto persone come lui. L’unica persona che mi ha imposto di assumere è una parrucchiera pensionata che faceva i capelli ai ricoverati del Galliera.

Come vive questa rivoluzione nella Chiesa tra scandali e difficoltà?
Sono le stesse difficoltà che si vivevano con Papa Benedetto. Con chi vuole cambiare organizzazione e chi ha una visione straordinaria e profetica. Cambiare un’istituzione di 2000 anni è operazione difficile e costosa.