Politica

L'ex senatore auspica il ruolo centrale del Ppe e crede in una nuova possibile alleanza con i socialisti come avvenuto in questi anni
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In politica nulla è per sempre, tantomeno gli addii. E lo sa bene Luigi Grillo, per tutti Gigi, che dopo qualche anno sabbatico ha deciso di rimettersi in gioco, candidandosi alle Europee dell'8 e 9 giugno prossimi con Forza Italia. È stato deputato alla Camera con la tessera della Democrazia Cristiana dal 1987 al 1994, senatore della Repubblica per Forza Italia e Il Popolo della Libertà dal 1994 al 2013, ricoprendo diversi incarichi parlamentari. Dall'esperienza nazionale a quella locale, prima come consigliere comunale alla Spezia, poi come consigliere regionale in Liguria, e assessore della giunta. Nella sua carriera politica ha vestito i panni del sottosegretario di Stato al ministero del Bilancio e alla Presidenza del consiglio dei ministri. Con il suo motto "la politica è una cosa seria", Gigi Grillo ha lanciato inizialmente la Piattaforma Popolare 2024, che poi si è tradotta in un movimento centrista portato all'interno del partito di Silvio Berlusconi. È nato così l'ingresso ufficiale dell'ex senatore in FI. "La politica è una cosa seria e le decisioni più importanti vengono prese proprio a livello politico, e la cosa per la quale ci dovremmo impegnare è quella di insegnare ai giovani che bisogna partecipare alla politica, seppure con strumentazioni nuove - spiega a Primocanale Luigi Grillo -. Un tempo c'erano i partiti, oggi i partiti non hanno più un ruolo centrale come durante la Prima Repubblica, ma c'è modo di partecipare alle decisioni informandosi".

Grillo, negli anni la politica si è allontanata dalla cittadinanza, esiste il diritto e il dovere di voto, ma forse è necessario un avvicinamento da parte dei politici?

Per fare politica occorre che le istituzioni siano disponibili a ospitare la politica, prima c'erano i partiti, ora molto meno. Per farle un esempio, in passato in provincia della Spezia c'erano 250 mila abitanti e 25 mila erano iscritti alla Democrazia Cristiana, che ogni tre anni faceva il rinnovo delle cariche all'interno delle singole sezioni. Adesso tutto questo non esiste più e i partiti non hanno più quel peso e quel rilievo che dovrebbero avere, previsto anche dalla carta costituzionale. La politica si fa con lanci mediatici e con comunicazioni che però non hanno un elemento di elaborazione importante che c'era nei partiti. In precedenza c'erano i centri studio e di ricerca, prima di fare una legge si studiavano i problemi e poi si mettevano su carta, adesso non si studia più, è questa la verità.

Lei conosce molto bene Forza Italia, ha deciso di portare il suo centro dentro gli azzurri. Che ruolo può avere all'interno degli equilibri europei?

Credo di essere stato uno dei primi iscritti a Forza Italia, sono entrato nel 1994 seguendo Berlusconi quando vinse le elezioni con sorpresa di tutti. Era un partito con un leader forte ed è rimasto così finché lui ha vissuto, era il vero erede della tradizione della Democrazia Cristiana, un partito di centro, democratico, un partito che aveva aderito da subito al Partito Popolare Europeo dove tutti i moderati, di centro, cristiani si riconoscono a livello europeo.

Tornando in Italia, lei crede che il partito di Silvio Berlusconi sia l'ago della bilancia anche negli equilibri italiani? Tra la crisi di consensi della Lega e una rimodulazione del partito della premier Giorgia Meloni?

Dentro e fuori Forza Italia, con la scomparsa di Silvio Berlusconi, molti temevano che si sarebbe sfarinata e invece devo dire che Antonio Tajani sta tenendo molto bene la posizione, non perde consensi e sta facendo una politica di grande equilibrio e concretezza, forte anche dell'esperienza fatta in Europa quando è stato parlamentare, commissario e presidente del parlamento europeo. A Roma c'è un gruppo dirigente che sa il fatto suo e credo che Forza Italia sia una certezza, la casa dei moderati, e in queste prossime elezioni recupererà, come i sondaggi dicono, risalendo la china rispetto all'ultimo periodo. Le elezioni europee sono importantissime, è cambiata la storia: un tempo nel parlamento europeo non arrivavano i migliori esponenti perché contava poco, questo anche fino a ieri, dove il singolo parlamentare eletto a Bruxelles non ha titolo per fare un disegno di legge, che viene fatto dai commissari che non sono eletti dal popolo ma indicati dai governi (pensiamo a Gentiloni e Monti). Adesso invece siamo alla vigilia di un salto di qualità che il parlamento europeo deve fare e deve diventare molto più importante, bisogna che non si occupi solo di contenere l'inflazione al 2%, incarico che ha la Bce, ma si occupi di legiferare in modo omogeneo, in maniera che tutti i 27 paesi possano avere punti di riferimento identici e non ci siano situazioni diverse da Paese a Paese. Siamo alla vigilia di un'elezione che esprimerà un'aula che ha una funzione storica di far fare un salto di qualità al nuovo parlamento, rendendolo più omogeneo ai parlamenti nazionali.

Gigi Grillo secondo lei saranno i popolari a tessere la tela delle future alleanze? Pensa che ci potrà essere un approccio simile a quello che è andato in scena negli ultimi cinque anni, ovvero popolari e socialisti insieme?

Il mio auspicio è che il Ppe continui a essere il più importante in Europa, come dicono i sondaggi. È una garanzia di tenuta per i moderati che ci sono in Italia, ma anche in Germania, Spagna, Francia. Questi elettori sono una garanzia e i sondaggi sono credibili quando dicono che sarà il primo partito. L'accordo con i socialisti ha funzionato e io non mi meraviglierei se andasse avanti, la Meloni sta provando a inserirsi e si sta dimostrando un'ottima presidente del consiglio ma deve fare ancora passi in avanti rispetto a un rifiuto di posizioni vicine al Movimento Sociale Italiano, in maniera tale da rendersi più credibile a livello europeo. Devo dire però, che devo darle atto: è stata brava nella politica estera quando ha scelto di difendere l'Ucraina e quando ha scelto il patto atlantico senza indugi, sulla politica estera è stata in gamba, così come si sta ben confrontando con la realtà europea, ma per essere più credibile deve fare altri passi in avanti.

Torniamo in Liguria, sia lei che Claudio Scajola siete considerati gli artefici di questo movimento civico che guarda al centro. Possiamo dire che sia la forza e l'esperienza della politica che decide di rimettersi a disposizione?

Io e Scajola abbiamo due storie diverse ma abbiamo fatto percorsi comuni. Io non ho mai fatto il sindaco ma sono stato in comune 15 anni, 7 anni in regione e 27 anni in parlamento dove ho ricoperto tutti i ruoli eccetto quello di ministro. Da tempo ci stiamo parlando, di recente ci siamo incontrati per lavorare su un progetto comune che deve riguardare il futuro della Liguria. Claudio (Scajola ndr) sta facendo molto bene il sindaco e il presidente della provincia e io mi candido per le Europee per continuare un percorso che mi ha visto protagonista in tutti gli ambiti.

Insomma, l'esperienza non manca. Manca solo quella europea?

Esatto, manca solo quella (ride ndr).

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