Una storia, la loro, in qualche modo da predestinati, e fin dall’inizio. C’è caso e caso ma se nasci a ventiquattr’ore di distanza - lei il 22, lui il 23 settembre – e poi il percorso della vita ti fa incontrare e lasciare il segno, allora ti rendi conto che il dio della musica un aiutino a tutti noi l’ha dato, facendoci dono di una coppia straordinaria nei confronti della quale più di una generazione è debitrice di una ininterrotta colonna sonora che ha accompagnato emozioni e brividi d’amore, commozioni e tenerezze, passioni e turbamenti.
Ornella Vanoni e Gino Paoli compiono ottant’anni. Se stessimo parlando di vini, quella del 1934 la potremmo definire una vendemmia straordinaria: l’anno che ha dato i natali, e solo per rimanere nel mondo dello spettacolo, ad artisti del calibro di Sophia Loren, Brigitte Bardot, Leonard Cohen, Shirley MacLaine, Maggie Smith e Judy Dench, per citarne alcuni. Poi, appunto, ci sono loro due, che quando si incontrarono più diversi apparentemente non avrebbero potuto essere, lui allora pittore introverso ai limiti della scontrosità che cercava nella musica nuovi orizzonti artistici, lei – di una bellezza sfrontata e algida, perfino insolente - che nel mondo dell’arte c’era già dentro fino al collo, complice il rapporto sentimentale con Giorgio Strehler che l’aveva fatta debuttare in teatro con Pirandello e poi l’aveva rimodellata come ‘la cantante della mala’, interprete di canzoni che raccontavano storie di cronaca nera. Invece l’alchimia dei sentimenti li ha trasformati per molto tempo in una cosa sola, un unicum che sarebbe troppo banale definire – come pure qualcuno ha fatto e farà di nuovo in questi giorni - ‘la coppia regina della musica italiana’. In realtà, Gino e Ornella sono molto di più: un balsamo che lenisce i dolori del cuore, un’improvvisa accelerazione nel sentiero della vita, un sussurro dietro la porta dell’anima.
Si conobbero nel 1961, e da allora il mondo della musica italiana non fu più lo stesso: lei ad ispirarlo, lui ad inventare (due titoli su tutti, ‘Me in tutto il mondo’ e ‘Senza fine’), insieme a stupire. Decisamente un’altra epoca rispetto a quella che stiamo vivendo, dove c’era il tempo e la possibilità di sognare, l’urgenza di immaginare, la volontà di sperare. E il legame è stato così forte da andare al di là della fine della loro relazione: non più uniti dall’amore, si ritroveranno sul palcoscenico nel 1985, con una nuova tournée, rinnovando il miracolo di sempre, come non si fossero mai lasciati. Nacque un disco ‘live’ di grande successo cui ne seguì un altro diciannove anni dopo, questa volta di inediti, ‘Ti ricordi? No, non mi ricordo’, che li riportò a duettare in giro per l’Italia.
Perché ciò che il dio della musica unisce in modo così tenace e indissolubile, niente e nessuno potrà mai sciogliere: né il tempo che passa, né le debolezze dell’età, né i casi della vita. Paoli e Vanoni, voci che ti graffiano dentro, questi ottant’anni li festeggeranno separatamente ma – nella mente di tutti noi che abbiamo voluto loro bene e ancora gliene vogliamo - uniti da quanto hanno fatto insieme. Ed è il motivo per cui, se entrambi dovessero voltarsi indietro, questo traguardo anagrafico non rappresenta certamente ‘uno di quei giorni che ti prende la malinconia’. Tutt’altro. Altre pagine scriveranno, ne siamo certi, ancora insieme o magari separatamente: ‘domani è un altro giorno, si vedrà’.
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Una lunga storia d'amore, gli 80 anni di Paoli e Vanoni
3 minuti e 12 secondi di lettura
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