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Giochi romani con vista sulla Liguria
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In principio fu Ferdinando. Poi è toccato ad Alessandro, quindi a Claudio. Ora sul proscenio c'è Marco. Ma prima di poterlo definire Scajola IV bisogna che pronunciandone il cognome il pensiero corra come un riflesso condizionato a lui, proprio a lui, senza alcuna necessità di precisarne il nome. Fino a quel momento, Scajola sarà ancora "u ministru", l'ex potente titolare del Viminale e dello Sviluppo economico, l'uomo che osò pensare di sfidare in campo aperto il gran capo Silvio Berlusconi, l'amico di Sarkozy, il politico 'benedetto' da Sergio Marchionne ai tempi della crisi Fiat: "Devo dirgli grazie".

Il passaggio generazionale in una delle dinastie politiche diventate fra le più importanti e chiacchierate d'Italia stenta, dunque, a compiersi. Però la marcia è cominciata. Il giorno fatidico è stato lo scorso 31 maggio, quando contro ogni previsione Giovanni Toti ha vinto le regionali in Liguria e Scajola, Marco, si è conquistato un seggio in consiglio. Lì le cose han cominciato a cambiare. Meglio, hanno continuato. Perché già Toti ci aveva messo lo zampino. Durante la campagna elettorale il neo governatore dei contatti con l'ex ministro li aveva avuti, ma di cortesia, formali. Fra i due la ruggine ha resistito dai tempi in cui il consigliere politico di Berlusconi sbarrò la strada a Claudio verso l'Europarlamento: "Al di là del positivo esito giudiziario, la storia della casa al Colosseo lo ha bruciato".

Ma arrivando in Liguria, in quello che fu un feudo di famiglia, Toti poteva ignorare gli Scajola? Certo che no. E allora eccolo fare il più semplice dei ragionamenti: dove c'è spazio per uno, non potrà esserci per l'altro. E l'uno era ed è Marco. Che diventa assessore all'Urbanistica e trova slancio verso l'incoronazione a Scajola IV. Fra lui e Toti c'è affinità caratteriale, entrambi si presentano con il saio dell'umiltà e della mitezza, salvo essere duri, durissimi all'occorrenza. Tutto il contrario di Claudio, duro e basta.

Scafato e sgamato, "u ministru" il gioco l'aveva capito subito. Tanto che si racconta dell'estremo tentativo di convincere il nipote a rifiutare la candidatura, nella previsione di sottrarsi alla prevedibile e terribile scoppola cui sarebbe andata incontro Forza Italia. Che difatti c'è stata. Ma non per Toti e Marco Scajola. Loro la sfida l'hanno stravinta e si racconta che, alla fine, lo zio una mano al nipote l'abbia pur data. Segnale di una rassegnata rinuncia, con passaggio del testimone al più giovane?

Calma, al "game over" l'ex ministro non si sarebbe affatto arreso. A Roma, infatti, si racconta delle grandi manovre in corso per costruire un nuovo soggetto politico con vista sul centro del centrodestra. Personaggi e interpreti: Scajola III, Corrado Passera, suo successore nel governo Monti, Diego Della Valle, fra i più accaniti anti-renziani, tutto il gruppo degli Ncd in rotta di collisione con Angelino Alfano, pezzi in libera uscita da Forza Italia (anche Raffaele Fitto?), l'ex ministro Giovanardi e centristi dei dintorni, persino piddini di origine Margherita che faticano a sottostare al "Giglio Magico". Diffcile dire se l'operazione riuscirà. Ma Claudio Scajola non sembra affatto intenzionato a mollare la presa e coltiva una grande volontà di rivincita. Rifiuta l'idea che la sua straordinaria parabola politica sia chiusa dalle inchieste giudiziarie ("sono tredici, undici già finite nel nulla" ripete come un mantra). Meglio una sconfitta sul campo, che almeno può offrire l'onore delle armi.

Questo attivismo romano, però, come può incastonarsi nei piani di Berlusconi? Più che ipotesi si possono fare illazioni, ma non è detto che l'ex Cavaliere veda la cosa con cattivo occhio. Anche se le incognite sono tante. A cominciare dai rapporti di Toti con il Capo. Fra i due è calato il gelo, se bisogna stare a certe dichiarazioni sul futuro di Forza Italia. Ma forse è solo un gioco delle parti. Toti che flirta con Roberto Maroni fino a costruire un verso asse Liguria-Lombardia potrebbe essere una faccia della stessa medaglia. L'altra è Berlusconi che invece parla e tratta con Matteo Salvini. Entrambi sanno che, oggi, senza Lega nessuna ipotesi di vittoria è consentita. Però servono anche quanti più moderati possibile e allora se Scajola III portasse acqua al mulino della coalizione sarebbe il bentornato. Ma passando dall'esterno sarebbe una cosa diversa. Così non ci sarebbero più dubbi: lo Scajola di Forza Italia sarebbe solo e soltanto Marco, finalmente lo Scajola IV. O no?