cronaca

A rischio quasi 300 posti di lavoro tra diretti e indotto
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Pietra tombale sui gruppi a carbone della Tirreno Power, messi sotto sequestro nel 2014 per presunte violazioni ambientali. L'azienda ha comunicato che non riapriranno. La sentenza è contenuta in una nota diffusa nel pomeriggio: "Il cda di Tirreno Power ha concluso l'esame della complessa situazione dei gruppi alimentati a carbone della centrale di Vado Ligure, sotto sequestro da parte del Gip di Savona dal marzo 2014, ritenendo che non vi siano le condizioni per poterne prevedere in futuro la rimessa in servizio".

I lavoratori della Tirreno Power erano scesi in piazza lo scorso 31 maggio proprio per denunciare la preoccupazione legata al futuro di circa 300 lavoratori complessivi. "Non c'è un piano energetico, l'azienda è latitante. Noi abbiamo dato tutti gli alibi possibili a tutti i livelli. L'ambientalizzazione potrebbe essere già pronta, ma l'azienda non sta facendo nulla", denunciava Edoardo Pastorino della Uil.

Le risposte sono arrivate, ma non sono quelle sperate. Ora sono a rischio 160 lavoratori diretti e altri 100 dell'indotto. "Il sequestro ha acutizzato in maniera determinante la crisi economica dell'azienda", sottolinea Tirreno Power. In pratica una resa a braccia aperte. "L'azienda è consapevole che la cessazione definitiva dell'attività degli impianti a carbone a Vado Ligure priva il territorio di una delle più importanti realtà industriali e occupazionali, con pesanti ricadute sociali", continua la nota. Poi si assicura di "contribuire fattivamente a contenerle, per quanto nelle sue possibilità, col supporto di istituzioni e parti sociali".

Giulia Stella, segretaria generale Cgil Savona, non si stupisce: "Ce lo potevamo aspettare. L'azienda ora deve prendersi le sue responsabilità, è stata latitante per molto tempo. Deve arrivare con posizioni sue al tavolo di crisi al Mise, dire cosa vuole fare sulla riconversione degli impianti. È un problema più ampio, di responsabilità nazionale. La faccenda è molto complessa"

Tirreno Power si difende accusando la mancanza di "infrastrutture logistiche indispensabili per l'esercizio dei gruppi alimentati a carbone" e osservando che "il contesto sociale è profondamente mutato: l'uscita dalla produzione a carbone di energia elettrica è un obiettivo annunciato dal Governo, dalle istituzioni locali ed è anche nelle attese della popolazione". 

Tirreno Power mantiene le altre due centrali a gas di Napoli e Civitavecchia e i 17 impianti idroelettrici collocati in Liguria, Piemonte e Emilia Romagna. L'organico dei gruppi a carbone di Vado, stando a cifre dei sindacati, e' passato da 240 a poco più di 160 unità e ha interessato i lavoratori dell'indotto, che vedrebbe coinvolte 850 famiglie coinvolte.

"La dismissione del carbone non solo era nell'aria, ma fa parte del piano energetico nazionale che sta andando proprio in quella direzione. Su questo non ci sono dubbi. Si tratta ora di lavorare per rendere compatibile questa decisione con i livelli occupazionali", ha commentato il governatore ligure Giovanni Toti. "Di questo nuovo scenario parleremo mercoledì prossimo col ministro Calenda e quindi nel corso di un incontro con Tirreno Power che presenterà un piano industriale. La decisione della Tirreno Power è un passo decisivo che va seguito con grande interesse ma che deve essere seguito anche dal Governo per salvare l'occupazione in una provincia di Savona in crisi", ha concluso il presidente.