Al di là del test, dei tempi di percorrenza, della discussione se la stazione di arrivo debba essere Rogoredo o Centrale, il direttissimo senza fermate intermedie Genova-Milano, e ritorno, ha un alto valore simbolico. È la dimostrazione che, finalmente, la politica ha imbracciato il tema dell'isolamento geografico della Liguria e lo prende sul serio. Alla sperimentazione avvenuta con i criteri della "cerimonia", a bordo del convoglio c'erano i governatori Roberto Maroni e Giovanni Toti, gli amministratori regionali lombardi e liguri e fra gli altri il senatore genovese Maurizio Rossi, ora dovranno seguire azioni concrete da concertare con Rete ferroviaria italiana (Rfi) e Trenitalia, ma intanto qualcosa si muove.
Si esce cioè dal limbo del bla bla e di una battaglia che Rossi - quando ci sono i meriti vanno riconosciuti - avviò comprandosi paginate di giornali e spazi televisivi per lanciare un vero grido di dolore sulle enormi difficoltà che i genovesi e i liguri hanno per spostarsi anche semplicemente nelle regioni limitrofe. Figuriamoci verso Roma e il resto d'Europa e del mondo. All'iniziativa di Rossi aderì subito la cosiddetta società civile (il popolo dei pendolari per cominciare) e quelle associazioni imprenditoriali che da sempre toccano con mano il problema.
A lungo, però, si è assistito al balletto di una politica - giunta regionale guidata da Claudio Burlando e Partito democratico con alcuni suoi parlamentari - che ha tergiversato, consapevole che la questione esistesse ma incline a prendere tempo per poter poi mettere il cappello su soluzioni e palliativi eventuali. Ancora una volta, cioè, c'è stato chi ha ragionato in termini di interesse di bottega, leggasi caccia al consenso, e non di interesse generale.
Allora, se Rossi ha il merito di aver agitato le acque e smosso le coscienze, a Toti va riconosciuto quello di essersene infischiato dei diritti di primogenitura, di aver valutato che la battaglia del senatore valesse la pena di essere sostenuta e combattuta e, infine, di aver preso... il treno, creando le condizioni minime per farci salire sopra i genovesi e i liguri. Naturalmente è presto per cantare vittoria, perché ci sono ostacoli oggettivi da rimuovere, ma con il test di oggi almeno siamo un passo oltre le semplici dichiarazioni di intenti.
I collegamenti fra Genova e Milano, e poi dovranno arrivare quelli con Torino e Roma, non meno cruciali, sono essenziali dal punto di vista economico. Non solo,pensando ai traffici, ma anche al turismo e a tutto ciò che oggi mette in moto la cultura, intesa come eventi e bellezze architettonico-ambientali che la Liguria può mettere a disposizione degli altri italiani.
Migliorare i collegamenti - quelli ferroviari e pure quelli stradali (si pensi alla Gronda), certo non tralasciando quelli aerei - significa allineare la Liguria alle indispensabili condizioni di ripresa economica delle quali, peraltro, hanno necessità anche Lombardia e Piemonte (pur messe meglio), nella prospettiva di quella macro regione del Nord Ovest che nel medio periodo, se ben concepita nel rapporto di collaborazione varato fra Maroni, Toti e il governatore piemontese Sergio Chiamparino, può fare da volano per l'intero Paese.
È per questa ragione che lo stesso premier Matteo Renzi dovrà prestare la massima attenzione al test del treno Genova-Milano senza fermate intermedie. Toccherà anche a lui, infatti, agire in modo tale da favorire un'integrazione fra Liguria, Lombardia e Piemonte, il cui pregio intrinseco sarà quello di portare i liguri fuori dallo storico isolamento nel quale sono venuti a trovarsi per una vecchia carenza di investimenti sulle infrastrutture. Che nel resto d'Italia hanno invece viaggiato anche lungo percorsi preferenziali del clientelismo e/o della corruzione, facendo un danno al Paese e lasciando la Liguria a terra.
Il tempo perduto non si potrà recuperare, ma paradossalmente Renzi - che non sembra farsi molti problemi se certe iniziative hanno un'etichetta diversa dal Pd e in questo approccio laico è certamente da promuovere - ha la possibilità di utilizzare positivamente il ritardo accumulato (dagli altri) declinando le scelte secondo le migliori esigenze della mobilità del terzo millennio.
Come si vede, dunque, c'è una essenza di concretezza nel valore simbolico di quel treno partito da Genova e arrivato a Milano senza fare scali. Ora tocca al governo nazionale, alle amministrazioni regionali e comunali, alla politica tutta tradurre questo primo passo, pur piccolo, in una lunga marcia verso il futuro. Stiamo sognando? Forse sì, ma sarebbe bello che nessuno ci svegliasse. E che quando i liguri riapriranno gli occhi si accorgessero di essere usciti dall'incubo dell'isolamento. E che, invece, il sogno è diventato realtà.
politica
Sul treno Genova-Milano il sogno di tutto il Paese
Un patrimonio nazionale la Liguria fuori dal l'isolamento
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