cronaca

Il Presidente interrogato dall'avvocato di Riina
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L'avvocato del boss Totò Riina potrà interrogare, il 28 ottobre, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al processo sulla trattativa Stato-Mafia.

Lo ha stabilito la Corte d'Assise che ha accolto l'istanza del difensore stabilendo che potrà, quindi, porre domande a Napolitano su quanto accadde fra il 1993 e il 1994, su argomenti nuovi rispetto a quelli stabiliti originariamente dai giudici. Pur ammettendo la richiesta dell'avvocato di Riina, la Corte d'assise di Palermo, proprio per le prerogative costituzionali di cui gode il presidente della Repubblica, ha sottolineato che la deposizione "non può prescindere dalla disponibilità del capo dello Stato, di cui la corte non potrà che prendere atto".


La richiesta della nuova prova, fatta dal legale di Riina, l'avvocato Luca Cianferoni, segue il deposito di documenti riservati del Sismi, fatto dai pm, su un allarme attentati, del 1993, allo stesso Napolitano e all'allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini. I documenti sono stati oggi dalla corte acquisiti al fascicolo del dibattimento. Per il legale l'ingresso nel processo del rapporto dei Servizi renderebbe inevitabile porre a Napolitano domande su cosa accadde tra il '93 e il '94, periodo in cui ci fu l'allarme attentati. Secondo la corte "la nuova prova non è né manifestamente superflua, né irrilevante".


E, riferendosi ad anni in cui Napolitano non era capo dello Stato, non rientrerebbe nei limiti della sentenza della Corte Costituzionale che, risolvendo il conflitto di attribuzioni tra il Colle e la Procura di Palermo, ha riconosciuto una serie di prerogative al capo dello Stato. I giudici, tuttavia, hanno ricordato, pure ammettendo la richiesta dell'avvocato di Riina, che, proprio per le prerogative costituzionali di cui gode il presidente della Repubblica, la sua deposizione "non può prescindere dalla disponibilità del capo dello Stato, di cui la corte non potrà che prendere atto".