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Ricorderete tutti l’ultima campagna elettorale del Governatore della Liguria uscente, realizzata anche con una serie di manifesti stradali nei quali il candidato presidente era circondato da rappresentanti di diverse realtà produttive del territorio. Si andava dagli agricoltori ai portuali, dai giovani precari ai medici.

I medici, appunto. Allora erano cinque o sei che con il loro volto rassicurante e i loro bianchi camici testimoniavano fedeltà all’uomo e al suo programma. Alcuni di questi, dopo l’elezione del Governatore, vinsero regolarissimi concorsi e divennero primari.

Oggi la candidata-presidente targata Pd, uscita vincitrice con le primarie, si troverà sul suo percorso non sei, ma cento primari. Sono coloro che si sono ribellati al lavoro in esclusiva per il servizio sanitario nazionale e hanno firmato un documento sollecitando la liberazione da questo disumano giogo. E’ successo che il loro paladino in consiglio, Valter Ferrando (primario) ha vinto la sua battaglia contro l’assessore Montaldo. Il Pd si è spaccato, ma i cento primari hanno ottenuto quello che volevano: lavorare nel pubblico, al vertice dei reparti più strategici della sanità ligure, ma avere anche la possibilità di fare visite private.

Per spiegarci con un parallelo. E’ come se un autista dell’Amt, finito il suo turno sul “36”, potesse guidare una corriera privata, un cassiere di Carige, chiuso lo sportello della banca,  potesse aprire privatamente un ufficio da cambiavalute, un vigile urbano, terminato l’orario di lavoro, facesse il custode di un parcheggio privato a pagamento.

Mentre i pronto soccorso genovesi collassavano, una parte dei consiglieri regionali del Pd, vicini al popolo, faceva approvare con massima urgenza dai colleghi la libertà assoluta di lavoro per i primari. Certamente questo provvedimento salverà molte vite umane, ma sarà curioso verificare quanti pazienti riuscirà a non far fuggire verso gli ospedali di altre regioni.

L’aspetto più inquietante è un altro. Se nel manifesto elettorale di Burlando ci stavano 5 o 6 medici di media stazza, in quello di Lella Paita ce ne dovranno stare almeno cento, cioè i firmatari dell’atto di ribellione così prontamente soddisfatti dal partito che ha nel passato sempre difeso la sanità pubblica, a volte persino troppo ideologicamente.

Panico tra i solerti collaboratori dell’assessora. Alcuni del settore Infrastrutture stanno calcolando quanti metri di manifesto occorreranno per stipare dentro i cento camici bianchi. Se in un 5 per 3 ne stavano 5, per inscatolare come sgombri sottolio i cento, di metri ce ne vorrebbero almeno novanta. Il pratico Miceli ha proposto di dividerli in due file, la prima con i primari più robusti (prevalentemente gli ortopedici) che possano tenere in spalla gli altri, meno fisicamente dotati. Da cento metri si scenderebbe a 45.

Il problema è trovare un muro da cinquanta metri su cui attaccare il manifesto. Una proposta è arrivata da Erzelli: foderare col super-tazebao il muro perimetrale della strada che porta alla celebre collina. Ma qualche primario si è opposto: non vuole stare in curva.

Ora Ninetto Miceli sta cercando un rettilineo. Si accettano offerte.