politica

L'europarlamentare parla anche di Europa e riforme costituzionali
5 minuti e 18 secondi di lettura
L'europarlamentare del gruppo Socialisti e Democratici, Sergio Cofferati, è stato ospite di Primocanale. Intervistato dal direttore responsabile Giuseppe Sciortino, l'ex sindaco di Bologna si è soffermato sulla questione Ilva e sugli scenari europei che potrebbe aprirsi sul tema.

Dall'esterno, che idea si è fatto della situazione in cui versa l'Ilva?

È un problema molto concreto. È un tema enorme quello dell'Ilva e anche molto delicato. Ci sono cento ragioni perché i lavoratori chiedano il rispetto degli accordi che hanno sottoscritto e le garanzie che oggi non hanno. Il problema è complesso perché ha un risvolto nazionale, che è quello dell'assetto societario futuro dell'azienda, e poi c'è un aspetto specifico genovese. A Genova è stato firmato un accordo tempo addietro. Adesso, con l'entrata in vigore del Jobs Act, le retribuzioni dei lavoratori, quelle che erano garantite in precedenza, calano del 10%. Il meritorio emendamento di Lorenzo Basso copre questa differenza per un tempo, però, limitato. C'è il problema di capire cosa succederà alle retribuzioni di queste persone nel futuro ed è un problema non risolto. Dall'altra parte, loro non sanno se il loro posto di lavoro verrà garantito e mantenuto, come è scritto in quell'accordo di programma.

Quali sono i problemi sul tavolo?

Andiamo con ordine. Il primo problema riguarda l'assetto futuro del gruppo. Teniamo conto che il settore dell'acciaio è in grande crisi in tutta Europa. Dal 2008 ad oggi sono stati persi più di 60 mila posti diretti e più di 100 mila dell'indotto. L'Europa finalmente se n'è resa conto e adesso ha un orientamento, esplicitato in una decisione del Parlamento europeo del 15 dicembre, di sostenere questo settore. Il governo italiano sta cercando un compratore. Ha aperto le procedure per l'avvio della cessione. La cosa grave è che nell'ipotesi sulla quale il governo ha lavorato ci sono 800 milioni di investimenti futuri che dovrebbero riguardare il completamento del risanamento di Taranto. Il governo italiano non sa se l'Unione Europea considera legittimo questo investimento o se lo considera un aiuto di Stato. Io credo che la prima cosa da fare sarebbe discutere con l'Unione Europea sul carattere di questo investimento, in modo tale da non avere sgradevoli sorprese dopo. Anche per chi deve acquistare, non sapere se quei soldi saranno confermati o meno, non è cosa da poco. Questo vale per tutto il gruppo. Poi Genova ha l'aggravante di una mancanza di risorse per garantire le persone che lavorano. Il sindacato chiede legittimamente che uno dei punti dell'accordo, quello relativo ai lavori socialmente utili, venga finalmente realizzato, per poter avere, non soltanto le risorse di prima, ma anche la possibilità di utilizzare a fini condivisi le persone che ora lavorano a Cornigliano.

Quali sono gli scenari ipotizzabili per il futuro?

Credo che ci sia un oggettivo problema che deve essere risolto con il contributo di tutte le istituzioni coinvolte, a cominciare dal governo nazionale. L'acciaio è importante per Genova, ma è importante per tutto il Paese. Se non ci sarà una produzione nazionale dell'acciaio, noi rischiamo due cose. Potrebbe arrivare uno straniero che compra la quota di mercato e non l'insediamento, cosa che abbiamo visto realizzarsi in passato in altri settori - penso alla chimica qualche anno fa. L'acciaio lo puoi anche comprare ma lo paghi di più. È importante avere un segmento italiano. Ci sono due rischi da evitare: uno è il modello Alitalia - mettere insieme una cordata finta, che rileva il tutto, ma poi non è in grado di presentare un vero programma industriale - il secondo è il pasticcio Thyssen Terni - cioè la cessione a un'azienda che poi sfora i limiti europei per quanto riguarda le concentrazioni e viene bocciata dall'Unione Europea. Dobbiamo tener conto che c'è una sovracapacità produttiva, soprattutto in Cina, che fa diventare i produttori cinesi molto aggressivi sui mercati europei.

Qual è il suo giudizio sulle riforme costituzionali volute dal governo Renzi?


Credo che siano negative le riforme, così come vengono chiamate. Tolgono peso e valore al voto dei cittadini. Non costano di meno, anzi ci sarà un aumento dei costi. C'è una lesione evidente della struttura della nostra Costituzione, così come è stata costruita. Gli argomenti della Gelmini, che parla di pacificazione nazionale, mi paiono di pura propaganda. Però non condivido neppure le parole di Rosato. Non siamo alla fine di un percorso virtuoso, anzi c'è un cambiamento della Costituzione. È importante che alla fine i cittadini si pronuncino. Quando arriverà quel momento, sarà naturale per me votare 'no' .

Ci metterà la faccia nella campagna referendaria per il 'no'?


Credo che sia normale, quando si va a votare, non aver paura di esplicitare la propria opinione. È una legge sbagliata, che concentra il potere in poche mani e per questa ragione va bocciata. Io voterò 'no' e l'ho detto con largo anticipo.

Quali sono gli 'autogol' dell'Italia a Bruxelles? Quali errori commette il nostro Paese a livello di politica europea?

L'Italia, al di là di quello che dice il presidente del Consiglio, a Bruxelles c'è poco. C'è in Parlamento, perché i parlamentari fanno il loro lavoro. Non c'è il governo. Abbiamo questa vicenda drammatica delle banche, drammatica soprattutto per alcuni risparmiatori. La direttiva, che è entrata in vigore il primo gennaio, non è stata negoziata accuratamente dal governo italiano, che ad esempio poteva chiedere un periodo di transizione oppure poteva stabilire autonomamente criteri diversi da quelli che oggi finiscono con il penalizzare i risparmiatori. Il governo se n'è disinteressato, non ha discusso all'epoca il tema con attenzione. Dicevo prima dell'Ilva, questi 800 milioni di investimento bisogna decidere con Bruxelles che sono compatibili con le regole. Bisogna andare a Bruxelles e decidere con loro. Non è che decide per conto tuo e poi, se quelli sono loro contrari, cerchi di scaricare su loro tutte le responsabilità. Gli autogol dell'Italia sono questi. C'è una mancanza di discussione preventiva sui grandi temi.

Come si concluderà la vicenda Ilva?


Se c'è una volontà determinata del governo, insieme agli altri soggetti che hanno titolo, di rispettare quello che è stato il punto di partenza, la salvaguardia di questa azienda come azienda di interesse nazionale, credo che a Bruxelles oggi ci sia una condizione nuova da sfruttare, che è appunto quella della consapevolezza che l'acciaio importante per l'Europa.