cronaca

Eppure una volta il maltempo arrivava senza previsioni e senza studi...
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Ma come facevamo prima delle allerte, delle previsioni meteo, quando, al massimo, il leggendario colonello Bernacca al Tg annunciava cattivo tempo? Come ce la sfangavamo nei decenni precedenti a questo ultimo, quando la bomba a orologeria delle alluvioni, degli straripamenti, della tempesta di neve, dei temporali rigeneranti, delle bombe d'acqua, dei gelicidii, delle bufere di vento viene annunciata meticolosamente e con precisione quasi millimetrica? Viene da porsi questa domanda oggi che siamo ancora immersi in una settimana-chiave di allerte, gialle, arancioni, rosse, stretti alla gola tra il burian siberiano, le nevicate, la pioggia ghiacciata, gli sfiocchettamenti, gli allarmi che si succedono, i disagi moltiplicati, i trasporti al colasso e l'inverno che non se ne va.

Come facevamo senza tutto l'apparato, per altro efficiente e in azione h24, dell'Arpal, della Protezione Civile, dei coordinamenti comunali e regionali, dei continui aggiornaneti, delle conferenze stampa di assessori, presidenti, sindaci? Chi ci poteva dire che il giorno dopo non si sarebbe andaati a scuola perchè le scuole erano chiuse? Giammai, le scuole erano sempre aperte e se non ti presentavi sul diario ti scrivevano che eri assente.


Forse il tempo è veramente cambiato tra raffreddamenti e surriscaldamenti, tra epocali trasformazioni della atmosfera terrestre, tra fenomeni estremi di furia degli elementi, di siccità senza tregue e di tifoni, che arrivano anche alle nostre latutudini. O forse no. Chi a Genova e in Liguria accetterebbe, in questi giorni di emergenza gelo, come sacrosanto il principio del riscaldamento globale?

Eppure una volta il maltempo arrivava senza previsioni e senza studi e senza comitati di difesa e anche se non ce lo ricordiamo bene colpiva come adesso. Narrano che nel lontano 1956, nel mese di febbraio, la temperatura a Genova non avesse mai superato lo zero termico e che le nevicate si erano ripetute. Arrivava la tempesta e basta, te la beccavi! Ricordo in tempi molto più recenti, anni Ottanta, una favolosa nevicata improvvisa di almeno 30 centimetri, che sommerse Genova. Allora altro che allerta: il consiglio comunale, sotto la presidenza del sindaco socialista Fulvio Cerofolini, era riunito da ore e ore a Tursi, impiombato in una snervante discussione di politica internazionale e la città soccombeva.

Il mio amico Mario Paternostro, con il quale lavoravamo a Il Secolo XIX, tornando a casa a piedi, nel cuore della notte dopo aver chiuso il giornale, rimase sotto il ramo di un albero che si era spezzato per il carico di neve. Dopo queste improvvise sferzate, che paralizzavano la città, il massimo della discussione era sul perchè non si decideva finalmente di mettere in funzione un acquedotto marino che salasse le strade.
C'erano meno difese, meno previsioni, meno polemiche, meno conoscenze, ma anche un diverso senso di accettazione e sopportazione dei fatti climatici avversi. Non voglio fare un discorso vintage e di pura nostalgia, ma sottolineare come siamo cambiati.

Ma sono cambiati anche i treni? Non ricordo le catastrofi di giornate come venerdì 2 marzo nelle comunicazioni ferroviarie. Forse i treni e il servizio Fs, che allora era un impero vero e proprio dello Stato, erano organizzati in altro modo, c'era più personale che scaldava gli scambi o chissà che? C'eramo meno autostrade, almeno fino agli anni Sessanta e probabilmente meno traffico pesante malgrado l'economia, sopratutto quella genovese e ligure tirasse molto più di oggi, con tutti quei grandi stabilimenti Iri che impiegavano decine di migliaia di operai. E, quindi, l'emergenza traffico stradale aveva un'altra dimensione.

O banalmente tutto era diverso perchè la società era profondamente diversa, con valori differenti, molte meno capacità e necessità di comunicazione. Altro che Protezione civile, nata nel terribile terremoto del Friuli del 1976, con la figura del mitico sottosegretario Giuseppe Zamberletti, che la fondò e la diffuse.

Non solo nel mitico 1956, ma anche dopo, negli anni Sessanta e Settanta e Ottanta e Novanta, non potevamo mai immaginare che un presidente di Regione come Giovanni Toti e un assessore alla Protezione Civile, come Giampedrone oggi, avrebbero trascorso ore e ore di guardia con i loro staff a consultare previsori e coordinari soccorsi, comparendo in video continuamente per aggiornare i cittadini sull' evolversi di quelle che allora chiamavamo semplicemte “perturbazioni” e ora hanno mille nomi e indicazioni anche confidenziali, tanto per dissinescarne le minaccie.
Allora c'erano il comandante dei Vigili Urbani e il capo dei pompieri, dai quali ci si poteva aspettare qualche informazione. Per la politica il meteo non esisteva proprio. Mentre oggi ci si gioca non solo la carriera, ma anche qualcosa di molto di più. Basta chiedere a Marta Vincenzi, caduta sulla tragica alluvione del novembre 2011.

Stavamo meglio o peggio, senza sapere quasi nulla di quello che ci pioveva sulla testa? Protetti solo da qualche strato di lana in più, senza termiche, tessuti protettivi, auto con gomme da neve e quattro ruote motrici. Solo catene da scannarsi le mani per agganciarle ai pneumatici e Bernacca al Tg della sera. Sarà mica solo nostalgia canaglia?