porti e logistica

Merlo: “Ora serve una strada alternativa”
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“Relazione tecnica verificata negativamente”: questa la formula usata dalla Ragioneria Generale dello Stato per rispedire al mittente il disegno di legge 370 del 2013, la riforma della legge 84/94 sulla portualità, da quasi due anni in discussione in Parlamento. Il parere è stato trasmesso a Palazzo Chigi lo scorso 6 marzo. Secondo i tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze il disegno di legge vacilla sotto il profilo finanziario; in particolare il documento chiede che venga predisposta una relazione tecnica “evidenziando gli effetti di ciascuna disposizione e fornendo dati ed elementi idonei a suffragare l’ipotesi di invarianza degli effetti”. Insomma, i legislatori devono dimostrare che defiscalizzazione e autonomia finanziaria dei porti non comporteranno costi per lo Stato.

Nel mirino in particolare finisce l’articolo 14 del disegno di legge, che prevede la non imponibilità ai fini delle imposte dirette delle entrate delle Autorità portuali. Non solo: la Ragioneria chiede che la nuova legge mantenga l’obbligo per le Autority di chiudere il bilancio in pareggio o in avanzo, mentre evidenzia le “incertezze in merito alla natura tributaria del provento diritti di porto”.

“Un parere che affossa l’autonomia finanziaria dei porti”, dice il presidente dell’Autorità Portuale, Luigi Merlo, nel suo intervento all’Assemblea degli spedizionieri. Sentito da Primocanale aggiunge: “E’ chiaro che qualsiasi autonomia finanziaria deve prevedere una cifra corrispondente di compensazione nel bilancio dello Stato, cosa che al momento sembra impossibile. Governo e Parlamento devono trovare altri meccanismi: da un lato c’è l’Unione europea che dice basta ai trasferimenti ai porti, perché sono aiuti di Stato, dall’altro c’è il parere della Ragioneria. Ma se non va bene quell’autonomia finanziaria bisogna trovare un’alternativa”.

“Da tempo sostengo che la legge di riforma portuale che abbiamo in commissione è stata sempre bloccata dalle risse interne al Pd e tra i presidenti di Autorità di piccoli e grandi porti” dice il senatore ligure Maurizio Rossi, membro della Commissione Lavori pubblici del Senato, che ha seguito da vicino l’evoluzione del disegno di legge sulla riforma portuale. “Ci sono troppe tensioni nel Pd e troppe lobby che esercitano una pressione spaventosa. Per questo ho ritirato i miei emendamenti al disegno di legge, non volendo diventare una pedina di questo o quell’interesse. – prosegue Rossi – Cosa dire del dibattito che c’è stato per mesi tra Lupi, Filippi e Serracchiani, che a luglio erano arrivati a un documento condiviso che Renzi ha stracciato perché erano stati scavalcati da lobby e associazioni di categoria? E cosa dire del fatto che il mandato di disegnare un progetto di riforma è stato affidato a una società esterna?”.

Il parere della Ragioneria dello stato azzera tutto e suona come una bocciatura inappellabile per il disegno di legge del Parlamento. Risultato: la riforma della legge 84/94 si allontana ancora di più, mentre le recenti dimissioni di Maurizio Lupi complicano ulteriormente le cose, in uno scenario nel quale neppure si sa bene se il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti resterà intatto o sarà scorporato, come auspica parte del mondo portuale. Per ora l’interim resta a Matteo Renzi. “Probabilmente il testo di riforma della portualità sta nascendo a Palazzo Chigi - osserva Maurizio Rossi – Probabilmente a questo punto lo stesso Renzi punterà al commissariamento di buona parte delle Autorità per poter accorpare i porti e mettere mano al meccanismo”.