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Una premessa è d’obbligo: sempre che si facciano, cioè ammesso che il leader del partito Matteo Renzi non decida di cancellare la consultazione di fronte alle lacerazioni interne che emergono non soltanto in Liguria, sarà il popolo delle primarie a scegliere il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni regionali. La radicalizzazione dello scontro fra i due principali protagonisti in campo (in tutto per ora sono sette), Raffaella Paita e Sergio Cofferati, induce però ad alcune riflessioni.

La prima, erede designata dall’attuale e dell’attuale governatore Claudio Burlando, si è vestita di panni renziani, ma probabilmente al di là di quanto gradisca lo stesso premier, il quale non dimentica che si tratta di conversioni della seconda ora e che Burlando e Paita, alle primarie da cui è scaturito tutto il successivo successo di Renzi, stavano con il suo avversario, Pierluigi Bersani. Difatti alcuni ultimi fatti – la sparata dall’Australia contro i governatori “anche di centrosinistra” sulla cattiva gestione del territorio, un editoriale del direttore di Europa Stefano Menichini, che chiaro e tondo ritiene inutili e anzi dannose le primarie, l’inchiesta dell’Espresso dal titolo “In apnea anche Burlando” – vengono letti come un’esplicita presa di distanza di Renzi, anche attraverso la stampa amica, dal presidente della Regione Liguria e dall’assessora che ne dovrebbe continuare l’opera. Con in più l’esito di un sondaggio, che sarebbe chiuso in un cassetto al Nazareno, dal nel quale il vantaggio di Cofferati sulla Paita risulterebbe addirittura più ampio di quanto emerge da quello di Liguria Civica, divulgato in prima battuta dal Secolo XIX.

Nelle valutazioni del segretario nazionale del partito, insomma, vanno crescendo i dubbi sul fatto che la Paita, al netto del dato anagrafico, tutto a suo vantaggio, sia la persona giusta per battere Cofferati. E tutto ciò che l’ex leader della Cgil può incarnare agli occhi del premier. Proprio qui, allora, si incastona l’ipotesi più estrema: Renzi azzera le primarie e candida un suo ministro, Andrea Orlando, capofila di quella componente dei “giovani turchi” che esprimono, con Matteo Orfini, anche la presidenza del partito. Non sono renziani nell’accezione purista del termine (all’inizio avrebbero dovuto dare un tocco di modernità all’area bersaniana, salvo ricredersi) ma gente che con lealtà svolge il proprio compito. A cominciare dal Guardasigilli originario di Spezia, che caparbiamente sta conducendo una profonda riforma della Giustizia.

Al netto di ogni considerazione contingente, va aggiunto che l’opzione no-primarie e candidato designato dalla segreteria nazionale (sia Orlando o chi per lui) avrebbe anche il senso di una forte assunzione di responsabilità da parte del partito. Significherebbe il riempimento del vuoto cosmico che investe l’intero sistema politico e che Renzi, al di là della sua gestione fortemente leaderistica, avrebbe interesse e merito a coprire. Soprattutto guardando a quel Partito della Nazione che sembra stia nascendo a prescindere da iniziative mirate, con un Pd che sempre più va caratterizzandosi come grande contenitore di idee e di istanze, spesso contraddittorie e difficili da conciliare, ma che traggono anche forza dal ritrovarsi dentro lo stesso recinto. Poiché un simile soggetto deve mostrarsi capace di interagire con la società civile andando oltre un esercizio di democrazia a volte sterile e solo presunto come le primarie, ecco che un’eventuale rinuncia ad esse avrebbe anche il pregio di esprimere una fondamentale capacità di guida. Magari dopo aver mediato le posizioni all’interno, di sicuro offrendo un risultato migliore rispetto a quello che abitualmente deriva dal libero scannatoio fra protagonismi e interessi locali.

Volendo, però, rimanere ancorati agli aspetti più prosaici della partita riguardante le regionali in Liguria, si arriva a un quesito di fondo: davvero Renzi deve aver timore di Cofferati? La risposta è sì guardando all’immaginario mediatico, tema sul quale il premier è spiccatamente sensibile, perché il mondo dell’informazione non esiterebbe un attimo, di fronte a un eventuale successo dell’europarlamentare, ad affermare: “Renzi battuto in Liguria”. Nella sostanza, però, le cose stanno diversamente e in realtà la risposta a quel quesito dovrebbe essere: no, Renzi non deve temere Cofferati.

Il “cinese” stesso si è incaricato di chiarirlo. Lanciando la propria candidatura, infatti, ha detto due cose fondamentali. La prima: “Desidero occuparmi della Liguria e dei suoi problemi, non ho alcuna intenzione di trasformarla in un laboratorio politico”. Nel caso, insomma, la sua sarà una tipica maggioranza di centrosinistra e non intende diventare l’alfiere di un “esperimento” che in qualche modo ponga ipotesi alternative al quadro politico nazionale. Per contro, non vuole neppure adeguarsi ad esso, inseguendo per esempio il Nuovo centrodestra. Lo stesso Renzi, però, non fa mistero di basarsi su una coalizione che ha trovato, figlia dell’emergenza nazionale e che vorrebbe diversamente disegnata dalle prossime elezioni politiche.

La seconda affermazione rilevante di Cofferati riguarda le grandi opere, giudicate “necessarie per far uscire la Liguria dall’isolamento”. Nessuna deriva in contrasto con la linea del premier, dunque, su un punto cruciale, anche come possibile motore di nuova crescita economica. E pure la priorità massima data dal “cinese” al riassetto idrogeologico del territorio va nella direzione indicata da Renzi di fronte al continuo ripetersi delle devastazioni da calamità naturali.

Se interrogato sul “Jobs act”, certo che l’ex leader della Cgil esprime tutti i suoi dubbi,
ma quando gli si parla della crisi delle rappresentanze sindacali (intervista sull’ultimo numero di Affari & Finanza, allegato di Repubblica al lunedì) il “cinese” non la nega, allarga il discorso alla stessa Confindustria e il massimo del dissenso che esprime rispetto al premier è chiedere più interlocuzione sia con i sindacati sia con gli imprenditori. Non è una sfumatura, ma neppure quella distanza siderale su cui si potrebbe essere tentati di speculare. E quanto al Cofferati “sindaco sceriffo” di Bologna, è difficile immaginare che non piaccia al Renzi decisionista cui siamo abituati.

Da tutto ciò a ritenere che possa addirittura sbocciare un amore passa un triplo salto mortale senza rete, ma di una cosa pare si debba prendere atto fin d’ora: Cofferati mostra piena consapevolezza che se dovesse diventare presidente della Regione avrà maledettamente bisogno anche del premier-segretario Pd e del suo governo per provare a risolvere i problemi dei liguri. Abbastanza per tenerlo alla larga dalla litigiosità romana.