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L'ex premier: "Ecco le modifiche da approvare in sei mesi"
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"Se vince il no al referendum, niente elezioni anticipate. Bisogna modificare la legge elettorale e approvare in sei mesi una riforma costituzionale ridotta”. Così l’ex premier Massimo D’Alema negli studi di Primocanale in un'intervista condotta da Mario Paternostro. E su Renzi l'esponente della minoranza Pd chiarisce: "Non gli ho chiesto io di dimettersi, ha fatto tutto lui". 

Non è facile dire no alla riduzione del numero dei parlamentari, al superamento del bicameralismo perfetto… - Certo, se uno sta dietro a questi elenchi e le prende sul serio è difficile. Se uno legge la riforma invece è difficile dire sì. Gran parte di queste promesse sono tradite. Anzitutto perché non si supera il bicameralismo, cosa che si poteva ragionevolmente fare, abolendo il Senato e attribuendo alla conferenza Stato-Regioni poteri veri sul modello del Bundesrat tedesco. Invece si tiene in piedi una camera di serie B e introduce una serie di procedure complicatissime attraverso cui il Senato può richiamare a sé le leggi approvate dalla Camera e fare osservazioni. Poi queste leggi si dividono in due categorie, quelle per cui la Camera deve tener conto del parere del Senato e quelle per cui non è vincolante... Un pasticcio madornale, destinato a rendere più lungo e più complesso il procedimento legislativo. Tutto si può dire meno che il Parlamento sia un ostacolo all’approvazione delle leggi. Siamo il Paese in Europa con più leggi, vuol dire che ce ne sono troppi. Il problema dell’Italia non è farne di più, ma fare buone leggi.

Cosa non la convince delle modifiche all’Italicum? - Anzitutto è un pezzetto di carta fatto da un partito che, com’è noto, non può cambiare da solo leggi elettorali. La mia personale opinione è che, se dovesse vincere il sì, il presidente del Consiglio cercherà di portarci a elezioni anticipate con l’Italicum, con buona pace del pezzetto di carta scritto per accontentare poche persone. A quel punto l’unica diesa vera sarebbe la corte costituzionale La vittoria del sì potrebbe anche mettere la corte in grande imbarazza. Quando la Corte ha deciso di rinviare la sua pronuncia dopo il referendum ha implicitamente riconosciuto che c’è un nesso tra riforma e legge elettorale. Se dovesse vincere il sì anche la Corte sarebbe in imbarazzo. A volerlo prendere sul serio, quel meccanismo, ipotizza un sistema in cui si fanno i collegi uninominali, si presentano i candidati, dopodiché però non viene eletto chi ha più voti ma il riparto avviene su riparto proporzionali e scattano i quozienti più alti. Per cui lei che vota per il collegio di Genova e vota per una persona che le sembra poter rappresentare meglio quel collegio, magari quella persona vince, però poi magari non risulta eletto. È un pasticcio. Se qualcuno vota un candidato che poi non viene eletto, ci vorrà lo psicanalista per spiegargli cosa è successo. Questa ipotesi non rispetta un principio fondamentale che deve essere ristabilito: il cittadino deve poter scegliere non solo il partito, ma la persona da cui essere rappresentato. Né l’italicum né questo foglietto messo insieme rispettano questo principio, che è il cardine della rappresentanza democratica.

Si parla molto del dopo. Renzi dice “Se vincerà il No non resterò a galleggiare”. Lei che cosa dice? - Sono fortemente impegnato a evitare che l’Italia abbia una costituzione cattiva, confusa, sbagliata, che riduce gli spazi della partecipazione democratica dei cittadini. Non è vero che hanno abolito le province, perché poi hanno istituito enti intermedi. L’unica cosa che hanno abolito sono le elezioni provinciali. Dicono: abbiamo abolito il Senato. Non è vero: l’unica cosa abolita è il voto per eleggere il Senato. La tendenza di queste riforme, che chiamerei revisioni costituzionali, è quella di restringere lo spazio della sovranità e dei cittadini. Prima bisogna difendere questo diritto. Per il dopo: io non ho mai chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio. È lui che ha giocato su questo tema, nessuno glielo ha chiesto. Prima ha detto che si sarebbe dimesso, poi che ha sbagliato, poi che non si farà rosolare, poi che bisogna garantire la governabilità, poi che non starà a galleggiare. Tutto il dibattito ha un solo protagonista: lui. Che non sa bene cosa dire. Se vince il No non ci possono essere le elezioni anticipate. A quel punto diventa obbligatorio rifare le leggi elettorali. Si può fare una limitata riforma costituzionale, col vantaggio che è sostenuta da tutti i partiti: la riduzione drastica del numero dei parlamentari, l’abolizione della navetta attraverso un meccanismo di conciliazione e soprattutto propone di introdurre in Costituzione il principio che il Parlamento deve essere eletto dai cittadini a suffragio universale e diretto. Questa riforma si può approvare in sei mesi, è facile facile.

Un flash su Trump. Cosa succederà? - L’elezione incoraggia le forze populiste. A maggior ragione di fronte all’elezione di Trump e di fronte al rischio di una deriva protezionistica è fondamentale l’unità e la coesione politica in Europa. Questo referendum, che lacera così inutilmente il nostro Paese per volontà del presidente del Consiglio, indebolisce il nostro Paese. Questa è la critica maggiore che faccio a Renzi: ha diviso il suo partito, ha litigato coi sindacati, ha litigato con l’Anpi. È una figura che porta divisione, non porta unità in un Paese che ne avrebbe bisogno a maggior ragione di fronte all’elezione di Trump in America.