politica

2 minuti e 48 secondi di lettura
Quando un governo comincia a spifferare che forse, chissà, ma dovrà toccare le pensioni, vuol dire che sta in affanno. Un affanno grande. E Renzi, nonostante la straordinaria carica e la buona volontà che a qualcuno appare come arroganza, è messo male. Per qualche pessimista (o gufo) è addirittura alla frutta e si può salvare soltanto con elezioni anticipate.


Non è colpa sua né del suo esecutivo, ma della situazione generale, questo lo sappiamo e anche di quelli che lo hanno preceduto da Berlusconi in avanti. Ma anche il buon Matteo ci ha messo del suo, soprattutto ponendo come priorità dell'esecutivo del fare le riforme costituzionali che agli italiani che non arrivano alla fine del mese interessano poco o niente. Anzi quella del Senato con i consiglieri regionali che scelgono di dovrà andare a Palazzo Madama a scaldare la sedia, fa girare le palle alla grande.


Ora che la contingenza europea ci ha rimesso nei guai, il governo va a caccia di una soluzione-tampone. E alla fine trova una possibile scappatoia con gli stessi metodi utilizzati dai predecessori, sia quelli del centro destra che del centro sinistra. Le tasse, che per eleganza e pudore chiamerà iun altro modo: cancellazione delle detrazioni fiscali, contributo di solidarietà dei pensionati che percepiscono pensioni d'oro. Ma anche sul termine pensione d'oro la lingua italiana aiuta a far confusione: 3 mila euro? O di più? Netti o lordi?


Insomma invece che intaccare i fondamendali dell'economia e del lavoro, invece che andare a mettere ordine nella vergogna delle partite Iva, o delle incongruenze che anche i governanti locali ci riservano in estate (pensate solo ai bonus che la Regione Liguria ha regalato ai super burocrati della sanità esperti nel tagliare servizi), Renzi & Co. studiano da quando eliminare, per esempio, il bonus sulle ristrutturazioni edilizie che aveva lievemente mosso un settore alla fame o come mettere in piedi un provvedimento anti-pensionati che potrebbe addirittura arrivare a un ricalcolo delle pensioni che hanno usufruito del metodo contributivo. Ha ragione Bonanni quando afferma che i provvedimenti devono sempre guardare al futuro e mai al passato.


In questa aria di affanno si svolgono le Feste dell'Unità e quella di Genova che partirà alla fine del mese si annuncia sempre come un appuntamento di snodo. Ancora di più in sede locale perché il Pd qui dovrà affrontare un bel mazzo di grane: le primarie con il rischio di una lacerante divisione nel partito meno renziano del Paese, la preparazione alla regionali in una atmosfera di pessimismo generale, il dopo-Burlando, il dopo-Merlo in un porto che nonostante trionfalistici annunci di ondate di teu in più a detta degli operatori è uno stagno, e quel peso sullo stomaco di tanti notabili Pd ex Ds-Pds-Pci che porta l'augusto nome di Marco Doria.


Tutto questa nella fortunata (per loro) assenza dell'opposizione tradizionale, quella dei berlusconiani-alfaniani che stanno lentamente e inesorabilmente trasformandosi in chierichetti dell'assessora Paita nella celebrazione dell'ascensione al trono di via Fieschi, ma nella ansiogena prospettiva che il Movimento 5 Stelle possa inventare un nome accattivante per l'elettorato. Ma onestamente ci credo poco. Per Giovanni Lunardon, segretario regionale del Pd che fino all'inizio dell'estate era riuscito a tenere il timone fermo nonostante le bordate, saranno settimane cruciali. E per Renzi potrebbe avvicinarsi, gufi o no, un preoccupante #matteostaisereno.