politica

Un flop significherebbe già il benservito da Tursi
2 minuti e 11 secondi di lettura
La curiosità è vedere come gli elettori liguri delle primarie Pd si divideranno. Le opzioni sono tre, in rigoroso ordine alfabetico: Michele Emiliano, governatore della Regione Puglia; Andrea Orlando, ministro della Giustizia; Matteo Renzi, ex
presidente del Consiglio ed ex segretario dei Dem.

Alla sfida i tre ci arrivano dopo i clamorosi rovesci dell'ex premier ed ex leader e dopo la scissione decisa da Pierluigi Bersani, Massimo D'Alema, Enrico Rossi e Roberto Speranza. Ma in Liguria c'è qualcosa in più: il Pd è reduce prima dalla sconfitta alle regionali e poi da quella alle comunali di Savona. Nel mezzo il lungo commissariamento affidato da Renzi a David Ermini.

C'è stata anche una scissione che ha fatto da prodromo a quella più recente: Sergio Cofferati ha lasciato la compagnia  sbattendo la porta, "non per aver perso le primarie, ma per il modo in cui esse sono state gestite e per la caccia ai voti del centrodestra o, peggio, di veri impresentabili". In Liguria, insomma, il Pd non si è fatto mancare nulla e pure ben prima che andasse in ebollizione il pentolone nazionale.

Con questi precedenti e in vista delle Comunali per Genova, ecco che le primarie del 30 aprile assumono, alle latitudini liguri, una valenza persino superiore a quella che comunque avranno sullo scacchiere italiano. Il voto locale annegherà in quello più vasto nazionale, ma le sue caratteristiche peseranno per Genova e non risulteranno del tutto neutre neppure per il resto d'Italia.

Fare previsioni è francamente azzardato. Soprattutto lo è considerando che l'elemento territoriale - Orlando gioca in casa, quindi fra Ventimiglia e Sarzana teoricamente dovrebbe prevalere - potrebbe essere sterilizzato dalla capacità di Emiliano e Renzi di avanzare una proposta politica più convincente rispetto a quella del ministro.

Prim'ancora del risultato in se stesso, tuttavia, una cartina di tornasole probabilmente decisiva nell'ottica delle Comunali genovesi sarà l'affluenza al voto delle primarie. Dovesse consumarsi un flop, il Pd farà bene a preparare armi e bagagli per lasciare Palazzo Tursi.

L'astensionismo, infatti, in questo caso dimostrerà la lontananza delle persone dal Pd, senza presupporre che i medesimi elettori terranno lo stesso atteggiamento alle comunali. Per scegliere il sindaco magari si muoveranno, solo che l'opzione non sarà quella indicata dal Pd. Ecco perché la prima sfida che i Dem devono vincere è quella di portare quante più persone alle primarie. Evitando, però, che questa legittima ansia si traduca in un taroccamento del voto, cioè ammettendo alle urne... cani e porci, come si sarebbe detto una volta con sgradevole ma indovinata metafora.