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Entro il primo semestre 2016 si procederà alla privatizzazione di una parte del Gruppo Fs. Ma l’unico obiettivo non può essere la riduzione del debito pubblico. Va anche aumentata la liberalizzazione del settore attraverso interventi normativi basati su serie e trasparenti analisi d’impatto.

SCONTRO TRA FS E NTV - Nonostante i progressi realizzati negli ultimi venti anni, il settore del trasporto ferroviario in Italia ha un livello di concorrenza che “non può ancora considerarsi soddisfacente”, secondo un’indagine della Camera, e resta segnato dai ripetuti scontri tra Gruppo Fs e Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori), il vettore privato dell’alta velocità operativo dall’aprile 2012.

Il caso più emblematico resta la presunta incapacità della rete ferroviaria di sopportare velocità particolarmente elevate, che ha impedito a Ntv di sfruttare un determinante vantaggio concorrenziale: poter coprire con i suoi treni di ultima generazione la tratta Roma-Milano in meno di due ore e mezza. Una situazione destinata tuttavia a cambiare la prossima estate quando entrerà in servizio anche il nuovo Etr 1000 di Trenitalia, in grado di raggiungere i 400 km/h. Giustamente Ntv si è chiesta quali interventi all’infrastruttura siano stati fatti in questi ultimi due anni, senza che peraltro ne sia stata data notizia.

Dopo il taglio delle tariffe di accesso alla rete a opera del regolatore, con minori costi di circa 105 milioni per Trenitalia e di 30 milioni per Ntv, la polemica si è però subito sopita, forse anche perché per Ntv la revisione delle tariffe ha rappresentato una vera boccata di ossigeno, considerati i pessimi risultati degli ultimi esercizi.

PRIVATIZZAZIONE DI FS - Sulla privatizzazione delle Ferrovie si sono contrapposte due strategie. La prima, battezzata del “carciofo da sfogliare”, è caratterizzata da una vendita di pezzi del Gruppo Fs, in prospettiva lasciando in mano pubblica solo la rete ferroviaria – d’importanza strategica per il paese e bisognosa di forti investimenti – per collocare subito sul mercato alta velocità e trasporto merci, servizi già redditizi o potenzialmente tali. La seconda è la vendita secca di una quota di minoranza della holding che controlla il Gruppo, riportando direttamente allo Stato la rete ferroviaria o comunque regolandone la gestione da parte di Rfi in modo da garantire l’accesso paritario agli operatori.

È quest’ultima strategia che sembra prevalere con l’annunciato collocamento sul mercato di circa il 40 per cento delle azioni della capogruppo Ferrovie dello Stato. Un buon contributo alla riduzione del debito pubblico che il governo si aspetta dalle privatizzazioni, circa 10-12 miliardi di euro all’anno fino al 2017.

PRIVATIZZARE NON È SINONIMO DI LIBERALIZZARE - La questione della proprietà e della gestione della rete ferroviaria resta però centrale se si vuole realizzare un mercato più aperto e sviluppato, senza favorire rendite di posizione e accordi sottobanco.

Per una piena liberalizzazione del settore il nodo resta infatti quello dell’endemico conflitto di interessi derivante dalla presenza all’interno del Gruppo Fs, interamente controllato dallo Stato, sia della rete ferroviaria, gestita da Rfi, sia di Trenitalia: una circostanza che legittima il dubbio di possibili comportamenti di Gruppo protettivi degli interessi di quest’ultima e lesivi del gioco concorrenziale.

Come porvi rimedio è una questione complessa, ma appare centrale l’affidamento della gestione della rete a un soggetto realmente “terzo e indipendente rispetto alle imprese che forniscono i servizi di trasporto”, secondo l’avviso espresso con chiarezza dall’indagine parlamentare del 2012.

SCELTE MOTIVATE E TRASPARENTI - Ricette facili non ce ne sono, ma è certo che serve un’analisi approfondita delle varie soluzioni, come sempre andrebbe fatto nel campo della regolamentazione e com’è indispensabile in un settore così importante. E certamente occorre dare conto pubblicamente delle tappe del processo di privatizzazione.

Per ora, nulla del genere è stato fatto: le prime scelte compiute sono state semplicemente “comunicate” e non risultano specifici atti di governo. Emergono inoltre zone d’ombra e possibili conflitti di interesse, come nel caso della costituzione di un gruppo di lavoro per la privatizzazione composto anche da rappresentanti delle Ferrovie o di quello dell’annunciata nomina dell’advisor industriale da parte delle stesse Fs, mentre i consulenti finanziario e legale sono stati già individuati dal ministero dell’Economia.

Il principale strumento per correggere la rotta è l’Air, l’analisi di impatto della regolamentazione, che va applicata alle scelte intermedie e connesse da trasfondere in atti formali del governo e comunque al decreto del presidente del Consiglio dei ministri da adottare per decidere le modalità delle dismissioni. Contrariamente a quanto accade di solito, l’Air non va però ridotta a un mero intralcio burocratico da aggirare e va resa subito consultabile via web.

Anche il tempo per un cambio di registro c’è, perché si parla del primo semestre 2016 come termine di chiusura dell’operazione. Sarebbe un peccato non utilizzarlo, con il rischio di imboccare un “binario morto” in termini di liberalizzazione e di rendere più scura la notte delle regole che avvolge il nostro paese.

(in collaborazione con www.lavoce.info)