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Provate a immaginare un Pd normale.
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Andrea Orlando, ministro Guardasigilli, spezzino, ha deciso di candidarsi alla segreteria del Pd, sfidando Matteo Renzi e Michele Emiliano. Lo ha deciso dopo averci pensato per qualche giorno senza il bisogno di rompere le palle agli italiani interessati alle faide interne al Pd con annunci di fuoriuscite, attacchi personalistici, appelli, comparsate tv fino ai fornelli di Masterchef, viaggi in California alla ricerca del bello che avanza e, peggio del peggio al limite del ridicolo, uscite e immediate rientrate.

Così veloci da non essere nemmeno registrate dai sismografi della politica. Più sceneggiate alla Merola che strategie politiche. Orlando da ligure ombroso, è stato silenzioso, ha verificato che la sua candidatura avrebbe aiutato a mantenere nel Pd molti militanti per bene e è sceso in campo in una competizione che sarà difficilissima. Ma sarebbe già un clamoroso risultato se si piazzasse bene, se potesse diventare un competitor serio del futuro segretario magari riconfermato e, soprattutto, se battesse Emiliano. Perché se così fosse Andrea Orlando, abituato a navigare nel mare delle tensioni della magistratura italiana, potrebbe riportare il Pd alla normalità.

Provate a immaginare un Pd normale. Sembra una idea impossibile. Orlando potrebbe riuscirci. Parla poco, è freddino, non ama le battute e fortunatamente non è uno che racconta le barzellette. Nemmeno quelle su Renzi e il suo cerchio magico. E poi porterebbe normalità anche nel Pd ligure e genovese, favorendo le scelte dei tanti bersaniani che sono indecisi su che cosa fare e che con lui resterebbero senza problemi. Una ipotetica accoppiata Orlando al Pd nazionale e Vito Vattuone alla segreteria del Pd ligure sarebbe una clamorosa doppietta verso una serenità che oggi è l’unica salvezza del giovane/vecchio partito di Veltroni.