È bello farsi definire “gattopardo” da un solone del giornalismo quando, per quasi due anni, come consigliere d'amministrazione della Rai, hai combattuto contro un servizio pubblico a senso unico dove il pluralismo sembra un'araba fenice tanto da farti rimpiangere la vecchia lottizzazione dei partiti. Ma, tant'è, riuscire a tenere in vita il cavallo agonizzante di viale Mazzini, con la bocciatura al piano dell'informazione varato dal dg Antonio Campo Dall'Orto, val bene le critiche assolutamente gratuite ricevute da certi maitre à pénser.
Adesso la Rai volta pagina e la speranza è che il nuovo direttore generale, quando Campo Dall'Orto si decide a rassegnare le dimissioni, sia una figura di garanzia per tutti gli schieramenti politici. E non solo in vista vista della prossima campagna elettorale che si preannuncia molto calda, ma anche per la messa a punto della concessione radiotelevisiva pubblica, con relativa convenzione, dove, come denuncia il senatore Maurizio Rossi del gruppo Misto, relatore di minoranza della legge, si sta creando un corto circuito tra Rai e governo su chi deve dire cosa e chi deve tracciare le linee-guida. In effetti, la concessione-convenzione non indica con precisione ciò che viene chiesto dall'esecutivo e il Parlamento, quasi lavandosene le mani, rinvia tutti i problemi sul tappeto ad eventuali provvedimenti successivi.
Non solo: non c'è una chiara demarcazione tra i programmi del servizio pubblico e quelli commerciali così come richiesto dall'Unione europea. Chissà perché, noi preferiamo andare sempre controcorrente. È il caso della creazione della redazione web su cui si è discusso molto in questi giorni: è giusto che la Rai recuperi il tempo perduto sulla digitalizzazione ma anche su questo punto la concessione resta nel vago. È vero, la Rai non è la Bbc, eppure la tanto decantata televisione inglese ha avuto precise indicazioni dal governo come muoversi nei prossimi dieci anni mentre in Italia resta tutto nel vago.
Per non parlare della Germania dove è stato vietato alla tv pubblica di utilizzare gli aiuti di Stato, i soldi del canone, nel settore web vietando anche gli spot pubblicitari. La Rai incassa qualcosa come due miliardi di euro l'anno dagli italiani attraverso il pagamento della bolletta elettrica: con queste premesse, diventa, quindi, assolutamente necessario essere molto trasparenti.
E se il governo non dà indicazioni precise, il consiglio d'amministrazione della tv di Stato rischia di navigare davvero a vista. Tra l'altro, la nuova concessione, varata lo scorso 28 aprile, è stata pubblicata solo ora dalla ‘Gazzetta Ufficiale’. Se pensiamo che la vecchia concessione è scaduta da oltre un anno, il piroscafo Rai è davvero in alto mare e, in questo caso, non si può attribuire alcuna colpa a Campo Dall'Orto.
da "Il Giornale" del 25 maggio 2017
politica
Ora si apre un nuovo fronte sulle concessioni governative
La Rai volta pagina ma la convenzione rinvia tutti i problemi
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