cronaca

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Il deragliamento del carro ferroviario avvenuto questa mattina a Rapallo riporta al centro dell’attenzione mediatica il tema della sicurezza delle ferrovie italiane: quanto è alto il rischio che treni destinati al trasporto di sostanze infiammabili e pericolose possano deragliare? Coloro che vivono e lavorano nei pressi delle linee ferroviarie possono stare tranquilli?

Il deragliamento di oggi, per fortuna, ha creato solo problemi al traffico ferroviario: il carro merci è uscito dai binari a bassa velocità e, per questo, non è andato a sbattere contro i muretti laterali o altri ostacoli e il liquido che conteneva, cloroformio, è rimasto sigillato dentro la bombola senza fare danni. Ma cosa sarebbe successo se il deragliamento fosse avvenuto a una velocità più sostenuta?

In questo caso, per fortuna, nulla di particolarmente grave poiché il cloroformio si incendia solo se entra in contatto con altre sostanze che non erano presenti sul convoglio di questa mattina, ma è evidente che su ferrovia circolano materiali di tutti i tipi.
Del resto è ancora troppo fresco il ricordo di quella spaventosa ecatombe che fu il disastro di Viareggio, in cui rimasero uccise 32 persone e un intero quartiere fu devastato da un colossale incendio: cosa potrebbe succedere in Liguria, con la sua ferrovia stretta tra le abitazioni e il mare, in una situazione simile?

L’intermodalità, cioè lo spostamento delle merci dalle strade alle ferrovie, è un impegno serio di tutti i governi europei: garantisce la diminuzione del traffico su gomma e di conseguenza riduce gli incidenti e l’inquinamento atmosferico. Ma la ferrovia italiana è pronta per raccogliere questa sfida? La manutenzione delle linee è svolta con scrupolo ed efficienza? Le aziende ferroviarie che operano nel nostro paese (sia pubbliche che private) rispettano norme di sicurezza sufficientemente severe?