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Ipotesi fiducia tecnica per l'ok al bilancio. Le opposizioni: "Voto subito"
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Il Presidente della Repubblica congela le dimissioni che Renzi gli ha presentato al Quirinale vista la necessità di completare l'iter parlamentare della manovra e per scongiurare i rischi di esercizio provvisorio. Il premier potrà lasciare 'al compimento di tale adempimento', presumibilmente venerdì.

Dopo la vittoria del No al Referendum costituzionale,
59,11% contro 40,89%, Mattarella ha ricordato che in Italia c'è una 'democrazia solida' e 'scadenze da rispettare'. Per questo, 'il clima politico sia improntato al rispetto reciproco'. Nel pomeriggio, prima di salire al Colle, Renzi ha presieduto un Consiglio dei ministri nel quale ha ringraziato i membri del Governo per lo 'spirito di squadra', confermando le sue dimissioni.

Renzi al risveglio del dopo-voto voleva lasciare tutto e subito: sia il governo e, secondo alcuni, perfino la guida del Pd. "L'ho detto, sono diverso dagli altri, non posso restare un giorno in più", era inamovibile il premier agli alleati e ai fedelissimi che gli chiedevano di restare almeno fino a fine anno. C'è voluta una paziente moral suasion del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durata per tutta la giornata, a convincere il segretario Pd a "congelare" le dimissioni fino all'approvazione della legge di bilancio che il governo vuole in tempi brevissimi ma che ha riti e passaggi che comunque richiedono tempo. In fondo si tratta solo di qualche giorno di sacrificio, ha detto il presidente. E Renzi si è convinto solo quando si è capito che l'approvazione della manovra potrebbe essere rapidissima.

L'ipotesi maggiormente accreditata è quindi che Renzi possa restare fino all'approvazione della Legge di Bilancio da varare in Senato in tempi brevissimi, già entro venerdì. L'ipotesi, dunque, è quella di una fiducia 'tecnica'. Una possibilità che ha come conditio sine qua non il congelamento delle dimissioni di Matteo Renzi fino all'approvazione della legge. L'iter potrebbe anche essere ulteriormente accelerato nel caso in cui al Senato si trovi un accordo per anticipare il termine della scadenza degli emendamenti in commissione e non presentare alcuna proposta di modifica. Un simile scenario già è stato praticato nel 2011 con il governo Berlusconi.

ALTA TENSIONE PD

La Direzione nazionale del Partito democratico si riunirà mercoledì alle 15 per l'analisi della situazione politica. Una riunione che potrebbe rappresentare il redde rationem all'interno dei Dem con la minoranza che subito dopo il voto è andata all'attacco sottolinenado: "Eravamo nel giusto".

I renziani, ora, spingono per andare al voto il prima possibile.
"Tutto è iniziato col 40% nel 2012. Abbiamo vinto col 40% nel 2014. Ripartiamo dal 40% di ieri!", scrive su Twitter il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, commentando gli esiti del voto per il referendum costituzionale.

"Avevamo visto disaffezione e distacco, non abbiamo accettato di lasciare tutto questo alla destra. Adesso impegnati per stabilità e per correggere le politiche". Così Pier Luigi Bersani su Facebook.

LE OPPOSIZIONI: VOTO SUBITO 

Tutte le altre forze politiche vogliono elezioni anticipate. E sull'ipotesi della fiducia tecnica piomba il No di Forza Italia. "Le strane ipotesi che circolano su un possibile congelamento della crisi del governo Renzi, con l'approvazione accelerata della legge di bilancio grazie addirittura a cosiddette "fiducie tecniche", sono del tutto impraticabili. Il No al Referendum è un voto di sfiducia a Renzi e alla sua attività di governo nel suo complesso", affermano i capigruppo di Forza Italia al Senato e alla Camera, Paolo Romani e Renato Brunetta.

"Non siamo disposti a sostenere nessun governo che tiri a campare
- ribadisce il leader della Lega Matteo Salvini in una conferenza stampa - ma siamo disposti a votare con qualsiasi legge elettorale la Consulta ci permetterà di fare". Ci sconcerta il totonomine per il premier di queste ore. È di pessimo gusto. Vuol dire fregarsene di quello hanno scelto gli italiani ieri, che vogliono tornare al voto".

Secondo Silvio Berlusconi "spetta al Partito Democratico dare vita ad un nuovo governo con il compito di mettere in sicurezza i conti pubblici con l'approvazione della legge di bilancio e soprattutto di consentire al Parlamento l'approvazione di una nuova legge elettorale basata su criteri che garantiscano la effettiva corrispondenza tra la maggioranza parlamentare e la maggioranza espressa dagli elettori. Abbiamo fiducia nel ruolo di garante del Capo dello Stato - ha detto il presidente di FI - che vigilerà certamente su questa fase delicata con equilibrio e imparzialità. Siamo certi che il Presidente della Repubblica saprà individuare la soluzione più corretta per assicurare agli italiani in tempi brevi la possibilità di votare e di scegliere finalmente, dopo tre governi non eletti, il governo a cui intendono affidare la guida del Paese".

DORIA SULLA GRATICOLA

"Esaurita la fase referendaria, l’incertezza sul futuro politico della maggioranza in Consiglio Comunale e del Sindaco Marco Doria rischia di creare un immobilismo, che non farebbe bene alla Città. È necessario, e non più rinviabile, che il Sindaco condivida le proprie intenzioni con le forze politiche che lo sostengono in Consiglio Comunale". Con questa nota il Pd genovese mette alle strette il primo cittadino. Doria ha annunciato il proprio No a poche ore dal voto ed è subito partito per il viaggio in Cina, al riparo dal tritacarne post referendario.

Adesso, però, la resa dei conti non è più procrastinabile: "Consideriamo prioritario - si legge ancora - che nei primi giorni della prossima settimana, al ritorno dalla sua missione in Cina, il Sindaco convochi una riunione di maggioranza, nella quale si definiscano le decisioni amministrative da mettere in atto negli ultimi mesi di mandato, e si condivida una prospettiva politica verso le elezioni comunali". 

Sulla segreteria cittadina era già arrivato l'anatema di Simone Regazzoni,
per ora unico candidato ufficiale alle primarie: "Quella di Terrile è una posizione politicamente subalterna, strategicamente suicida e che ci porterà a una sonora, meritatissima sconfitta. Perché confonde la necessità di rispondere davvero ai bisogni popolari con il desiderio di accordo tra ceti politici senza bussola". 

"Ora ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità politiche e dire se il suo obiettivo primario è abbracciare Rete a sinistra e Sinistra italiana, dichiarando che la caduta del governo Renzi non cambia nulla, oppure provare a costruire, nel Pd, una candidatura e una strategia in grado di parlare alla città". Necessario recuperare consenso, scrive Regazzoni, nelle fasce popolari che "non votano Rete a sinistra ma Lega o 5Stelle. E non basterà certo qualche comunicato congiunto con Rete a sinistra per convincere gli elettori".