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Il figlio dell'ex presidente a Gradinata Nord: "Per lui era una questione di vita"
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 Amato, odiato, contestato, ma soprattutto genoano. A ricordare la storica figura di Renzo Fossati, presidente del club rossoblù dal 1975 al 1985, è stato anche Massimo, uno dei cinque figli dell’imprenditore scomparso lo scorso 31 ottobre all’età di 84 anni. Una telefonata in diretta in Gradinata Nord, su Primocanale, per precisare l’impegno e l’amore del padre per la società che tifava già da bambino.

“È vero, ha venduto molti giocatori
– dice Massimo rispondendo alle voci critiche – ma l’impresa edile e la concessionaria le aveva già, lui non si è arricchito col Genoa. Certo, è stato un grande imprenditore e ha avuto il fiuto durante il boom economico, ma quando c’era da mandare avanti la baracca bisognava ripianare i debiti. Vendere era inevitabile, anche perché non c’erano le entrate che ci sono adesso”.

Massimo Fossati vuole dirlo chiaro: 'o sciô Renso' era un presidente genovese e genoano: “I sacrifici che ha fatto mio padre li ho vissuti in prima persona, coi miei fratelli. Solo un grande tifoso e presidente come lui era poteva farli. Ha gestito il Genoa con grandi sacrifici e tanto sudore. Quando lo prese aveva 300 milioni di debiti da pagare. Fu l’unico che accettò di farlo. Quando se ne andò, per i primi due anni non se ne fece una ragione perché per lui il Genoa era una questione di vita. A tre anni andava già a vedere il Genoa”.

Le contestazioni? “Erano molto diverse da quelle di adesso
– dice Massimo – erano contestazioni molto civili di gente che esprimeva il suo parere perché non era contenta. Ma le cose sono state fatte col massimo dell’impegno. In un campionato a 16 squadre era difficile non retrocedere”.