Che la Banca centrale europea (Bce) abbia inviato i propri ispettori in Carige, per verificare l'operato della governance, è una buona notizia a prescindere. L'aspetto più spinoso riguarda la segnalazione dei revisori a proposito della stesura del verbale riguardante la seduta del consiglio durante la quale è stata decisa l'azione di responsabilità nei confronti del precedente management.
Tradotta in termini pratici: i revisori non erano d'accordo e avevano chiesto che la loro posizione venisse appunto ben evidenziata nel verbale da inviare alla stessa Bce. Le cose non sarebbero andate esattamente così e allora ecco che una verifica presentata come di routine si trasforma in una occhiata molto attenta sul modus operandi di tutta la prima linea Carige, cominciando dal presidente Giuseppe Tesauro e dall'amministratore delegato Guido Bastianini.
In filigrana si coglie un quesito: tutti troppo accondiscendenti verso il maggiore azionista, Vittorio Malacalza, che si è pure incoronato vicepresidente della banca ligure? Anche conoscendo a menadito i fatti e le carte sarebbe un azzardo ipotizzare come possa chiudersi la verifica, figurarsi a farlo potendo contare solo su qualche indiscrezione. E senza contare che i discorsi con la Bce riguardano anche, inevitabilmente, l'annunciata cessione entro fine anno di 900 milioni di "non performing loans", cioè di crediti deteriorati. A chi, come, quando e, soprattutto, a quale prezzo? Proprio Malacalza di recente ha parlato di possibili soluzioni "eclatanti": siamo tutti in attesa e, tanto perché sia chiaro, siamo a fare il tifo affinché Carige superi felicemente questa prima strettoia e ritrovi in Borsa un po' di pace (leggi un rialzo del corso azionario).
Ma al di là dei contenuti, perché bisogna dire che l'ispezione della Bce in Carige è una buona notizia a prescindere? La ragione sta nelle notizie che in questi giorni rimbalzano dalle cronache giudiziarie, a proposito dei 91 milioni ricevuti da Carige che la famiglia imprenditoriale Orsero avrebbe fatto evaporare e del ruolo poco chiaro, o sin troppo se la si considera un caposaldo di certe malefatte, avuto in passato dalla filiale di Nizza.
Alla guida della più importante banca ligure c'era all'epoca Giovanni Berneschi, ovviamente travolto dallo scandalo e "padre" di tutti i problemi venuti dopo la sua rovinosa caduta. Ma gli organismi della vigilanza finanziaria, a cominciare da Bankitalia e dall'Isvap (assicurazioni, poi divenuta Ivass e finita sotto l'egida di Palazzo Koch), che cosa controllavano? Che cosa controllava la Consob, cioè il gendarme della Borsa?
Già molto si è polemizzato su questo punto, ma c'è ancora parecchio irrisolto, almeno nelle informazioni che i risparmiatori e i piccoli azionisti avrebbero diritto di avere. Dei 91 milioni gentilmente concessi agli Orsero ci parla la cronaca giudiziaria, ma, tanto per dire, i circa 250 milioni che Carige ha messo nell'operazione Erzelli a quale capitolo di crediti deteriorati appartengono? E perché rimane puntualmente senza risposta la domanda fatta da un parlamentare della Repubblica, il senatore Maurizio Rossi, per sapere chi stia dietro le fiduciarie anonime cui fa capo almeno una parte di quella montagna di denaro? E ancora: quali e quanti altri casi Orsero ci sono o possono esserci a zavorrare il presente e il futuro di Carige?
Sicuramente il compito di rimettere in linea di galleggiamento la banca è molto difficile, ma un po' di tranquillità in più si avverte, a sapere che stavolta la vigilanza - leggasi Bce - vigila con maggiore puntualità, e probabilmente puntiglio, di quanto abbiano fatto in passato le omologhe autorità italiane. Non è poco, in uno scenario bancario europeo che complessivamente fa tremare i polsi.
economia
La vigilanza Bce in Carige e le risposte che mancano
Tra un presente incerto e un passato di malefatte
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