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Politica pavida e Sovrintendenza "muscolare"
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La regione italiana con la più alta percentuale di territorio vincolato. Ma alla Liguria questo non è bastato né ad evitare i disastri alluvionali né a impedire che fiorissero brutture immobiliari indicibili. Di più: quei vincoli di fatto hanno finora impedito un'adeguata ristrutturazione e rivitalizzazione dei centri storici, che da Sarzana a Ventimiglia, passando anche per l'entroterra, abbondano nella loro bellezza intriseca.

Il conto che non torna è come sempre una primaria responsabilità della politica, ma qui non si può sottacere la complicità forte di una struttura burocratico-statale, la Sovrintendenza, che dal Brennero a Lampedusa pare aver smarrito ormai da tempo il buon senso della flessibilità e di guardare senza paraocchi la realtà italiana e ligure in particolare.

Parlando di centri storici, il caso più clamoroso è certamente quello di Genova, ma resta difficile tralasciare in questo ragionamento situazioni come quelle del Parasio a Imperia, della Pigna a Sanremo, di Bussana Vecchia - il borgo terremotato tuttora meta di artisti e bohémienne di tutto il mondo - o Ventimiglia Alta. Queste e altre perle che si incontrano schiacciate fra il mare e i monti di Liguria sono ostaggio di una mancanza di pianificazione che solo sporadicamente è stata tentata, senza raggiungere mai la vetta di interventi che una volta per tutte restituiscano alle comunità locali un patrimonio dall'enorme valore aggiunto economico.

Pavida di fronte a ogni rischio di impopolarità, la politica si è fino ad oggi lasciata irretire da una Sovrintendenza che ha avuto gioco facile nel bloccare ogni cosa di fronte alla pur legittima attenzione, via via cresciuta, sul consumo del suolo e sulla necessità di impedire nuove cementificazioni. Ma, alla fine, questo stop non garantisce niente e nessuno, provocando una ingessatura che sta piegando i centri storici a un destino di abbandono che il resto d'Europa guarda come una delle tante "stranezze" italiane.

Dietro tutto ciò c'è anche, inutile nasconderselo, un gioco di potere, che i super burocrati non vogliono perdere e che la politica stenta a scalfire temendo contraccolpi di consenso. Come sempre, si tratterebbe invece di applicare un sano raziocinio sulle cose da fare e bisognerebbe che amministratori locali e Sovrintendenza mettessero a fattori comune linee guida capaci di discernere il buono e il cattivo, scegliendo che cosa va vincolato con il massimo rigore e che cosa, al contrario, può essere toccato "cum grano salis".

La Regione Liguria, secondo quanto riferiscono fonti accreditate, ora vogliono provare a mettere mano alla questione. Il governatore Giovanni Toti e il suo assessore all'Urbanistica Marco Scajola hanno cioè in animo, anche grazie a una precisa direttiva del governo, di sedersi al tavolo con la Sovrintendenza e cominciare a ragionare di centri storici. Il punto chiave dovrebbe essere la messa a punto di un provvedimento quadro che offra ai Comuni l'opportunità di muoversi sapendo come e dove intervenire, senza incappare nei tipici blocchi che puntualmente spuntano a opere iniziate. Una incertezza del diritto paradossale considerando che avviene fra interlocutori pubblici e quindi presumibilmente meglio in grado di comunicare. Ma, appunto, solo presumibilmente.

In questo contesto, la Regione immagina anche un concorso di idee nel quale coinvolgere giovani architetti e progettisti, nell'intento di impedire che le migliori menti del settore siano costrette a cercare fortuna altrove. E si valuterà pure il ruolo che potranno avere gli investitori privati, considerata la penuria di denaro pubblico che contraddistingue l'attuale fase storica.

In realtà non c'è nulla di nuovo sotto il sole, non si sentono parole che già non si siano ascoltate nel passato, remoto e prossimo. La vera novità sarebbe una Regione che prende di petto la questione e una Sovrintendenza che "concerta" le scelte. Poiché di fronte a certe situazioni è legittimo sentirsi sfiniti, ma non è consentito arrendersi, un'apertura di credito è giusto farla. Del resto, come dice l'archistar Renzo Piano, "il bello deve essere anche etico ed è qualcosa che rende migliori le persone". È così impossibile applicare la regola a centro storici che dall'abbandono urbanistico hanno visto scaturire uno spaventoso declino sociale?