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Vincitori e sconfitti dopo il voto storico del 4 marzo
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Lo sconforto di Mario Tullo, nella sede di via Maragliano sede del Pd genovese, ai microfoni di Gilberto Volpara è il simbolo resa: “Abbiamo perso tutti i collegi liguri. E’ una sconfitta storica pesantissima”.

Nulla di sorprendente. Diciamo la verità. Il crollo verticale del partito democratico – in Italia come in Liguria - era la notizia più attesa, più anticipata e prevista delle ultime settimane. I sondaggi che circolavano tra addetti ai lavori e, ancor più, le parole che ascoltavamo ogni giorno ai mercati, sugli autobus, nei bar e sui social network, erano più di una indicazione.

Gli errori di comunicazione, gli scontri e le faide che hanno trasformato le correnti in bande organizzate per annientare l’avversario interno, hanno massacrato il partito democratico. Tutti colpevoli, oggettivamente, renziani e non, quelli che sono rimasti dentro il partito e quelli che sono usciti. Guardando le cose con occhi liguri le scelte dei candidati alle politiche sono stati solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E il vaso si è rotto, in mille pezzi.

Nella roccaforte rossa del ponente genovese, lo stesso Tullo e l’irriducibile Cofferati sono stati spazzati via dal movimento 5 Stelle, anche il centro destra è andato meglio della sinistra. Questo vuol dire che il mondo è cambiato. E che il partito democratico non se ne è accorto in tempo.

Anche al Ministro Pinotti è andata male, ripetendo il risultato di quando si candidò alle primarie di Genova sfidando Doria e Vincenzi: terza. Andrà comunque a Roma grazie al paracadute ottenuto in Toscana. Sorte analoga è toccata al collega Orlando, passato dalla Cisa con l’elezione a Parma, per arrivare nella capitale. Stimati ministri uscenti che, almeno, garantiranno una presenza ligure supplementare nel prossimo Parlamento. Sperando che per la Liguria possano fare qualcosa di più.

Il segretario Vattuone era stato scelto per ricoprire il ruolo di “segretario garante” con l’obiettivo di mettere insieme i cocci del partito. Ma l’unico risultato che ha garantito è stato il posto per sé stesso in Senato, grazie ad una candidatura blindata, il tutto mentre sono rimasti fuori dai giochi Basso ed altri emergenti del Pd che avrebbero potuto recuperare qualche manciata di voti se candidati in posizioni favorevoli.

Ma non c’è solo la fine del partito democratico: i cittadini hanno detto “basta”. Hanno guardato con distacco il vecchio Berlusconi che si è riproposto come “Presidente” e l’ex giovane Renzi che ha tentato di riciclarsi dopo il flop del referendum. Hanno ascoltato con distacco le loro innumerevoli promesse su Rai e Mediaset, diventate le reti “filonazareno” che raccontavano la ripresa, il rilancio dell’occupazione, i contratti di lavoro rinnovati a pochi mesi dalle elezioni.

Poi gli elettori, come killer spietati, sono andati a votare, mettendo la croce su quelle schede imbarazzanti, partorite da menti diaboliche per creare il caos.

Ora c’è chi ipotizza qualche colpo di coda, strane maggioranze, inciuci dell’ultim’ora. Ma non si capisce come farebbero i nostalgici delle larghe intese a non tenere conto del segnale arrivato dalle urne.

Quindi non solo il Pd è ai titoli di coda, anche la seconda repubblica lo è. Il ricambio è iniziato. Di Maio – senza dare troppo nell’occhio – ha già rottamato Beppe Grillo, prendendosi il movimento e trasformandolo. L’idea che possa rappresentare un partito semi-assistenzialista modello DC-versione 2.0, comincia a prendere corpo. Il sud del paese sembra averlo interpretato così.

Nel frattempo anche Salvini sta portando avanti la sua rottamazione, con le ruspe che avanzano e sembra abbiano centrato in pieno Berlusconi e il suo cerchio magico. Proprio dalla Liguria Giovanni Toti – sempre attento a non turbare le ambizioni leghiste con cui ha costruito i suoi successi - aveva mandato qualche segnale a Silvio e ai suoi amici.

Infatti il centro destra sull’asse Toti-Rixi ha ottenuto un altro risultato catalogabile nel capitolo “modello Liguria”. E conferma che il disegno contestato e mal digerito dal Cavaliere era l’unica soluzione possibile, ma soffrendo chiunque abbia una visione più lunga della sua, Berlusconi e i suoi giannizzeri del cerchio magico hanno eliminato dal giro nazionale il Presidente della Regione ghettizzandolo in Liguria e cercando di provocarlo in ogni occasione.

Il governatore, tranquillo, ha ancora dato, nonostante tutto, il suo contributo, e anche senza le sue liste civiche ha confermato un ottimo risultato ottenendo da 9 a 11 parlamentari, a seconda di come si evolveranno i resti da ripartire sul territorio nazionale.

Toti gongola, ma non può dirlo, aspetta di vedere il nuovo scenario per capire come entrare nel gioco nazionale al fianco della Lega, per coprire l’area moderata che Salvini lascia coscientemente libera. Ma la vecchia guardia di Forza Italia, anziché farsi trasportare, ha preferito resistere all’ondata leghista. Il risultato è stato un naufragio.