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Il trasferimento della dirigente regionale candidata a Savona
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L'ex governatore Claudio Burlando l'ha portata in Regione e le ha confezionato addosso il "concorso" per farla entrare in organico. Il nuovo governatore Giovanni Toti ha ratificato quella selezione, ma poi l'ha spostata d'ufficio, facendo gridare il Pd allo scandalo. Ora il Movimento 5 Stelle dice che quella fra centrodestra e centrosinistra è solo una manfrina, per fregare proprio i pentastellati.

Accade tutto nel nome di Cristina Battaglia, candidata dei renziani (una parte) alle primarie per il rinnovo del sindaco di Savona. Una... battaglia, quella delle comunali savonesi, che si è ulteriormente infiammata, non fossero bastate le divisioni i fra i Dem e le difficoltà di Forza Italia e Lega a trovare uno straccio di alfiere su cui puntare.

La storia è emblematica e chiama in causa quei ruoli della burocrazia che ad un certo punto si vestono da politici. C'è stato un brillare di lame sulla opportunità o meno che Toti trasferisse Battaglia, con il Pd che ha subito ululato alla discriminazione trovando una singolare coincidenza fra la decisione del governatore e la candidatura della novella delfina al soglio savonese.

In effetti un problema di opportunità c'è, ma sulla base di un altro quesito: è giusto che una dirigente della Regione si cali nella competizione elettorale e pretenda di mantenere la sua funzione (in uno e o nell'altro ufficio poco conta)? A termini di legge non c'è alcun divieto, che invece scatterebbe se Battaglia lavorasse nel Comune in cui si candida. Ma dal punto di vista politico l'inopportunita' è solare, visto che dal tavolo regionale passano pratiche che vanno da un capo all'altro della Liguria, Savona compresa.

La buona fede delle persone, anche di Battaglia, non può essere messa in discussione ricorrendo al pre-giudizio.
Quindi, non bisogna interrogarsi su come si comporterebbe la dirigente se dovesse occuparsi di un dossier che potrebbe favorirla, o nuocerle, nella sua gara elettorale, ma occorre domandarsi se sia opportuno che la politica si metta, e metta la candidata, nella condizione di alimentare dei sospetti preventivi.

Vedo già la levata di scudi di coloro che si appelleranno alle garanzie costituzionali, alla libertà di impegnarsi politicamente, all'esigenza di favorire un ricambio di classe dirigente (peraltro di Battaglia si parla professionalmente un gran bene). E tuttavia ci sono situazioni in cui queste fondate osservazioni non possono valere "erga omnes". Lo dicono, e con ragione, il centrodestra soprattutto a proposito dei magistrati, e il centrosinistra a proposito dei titolari di concessioni pubbliche, vedi un Berlusconi a caso.

La candidatura della dirigente regionale Battaglia ricade nella fattispecie. Con il vantaggio di poter "sic et simpliciter" risolvere la questione. Poiché esiste l'istituto dell'aspettativa, lasci il suo ruolo di dirigente regionale e faccia la sua competizione elettorale al riparo da ogni e qualsiasi dubbio. Poi, se perderà tornerà al suo posto, se invece vincerà si distaccherà (per cinque o dieci anni) a fare il sindaco di Savona.

Se la trasparenza non fosse uno slogan vuoto, ma il contenuto di fatti e comportamenti, certe situazioni si eviterebbero all'origine. E soprattutto si impedirebbe l'ennesimo sfregio alla politica e alle istituzioni. Che prima di ogni altra cosa si nutrono di credibilità.