politica

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Diciamoci la verità, si sarebbe scatenato un autentico putiferio se questa idea di spedire i ministri in una scuola del Belpaese al suono della prima campanella l’avesse avuta Berlusconi. Invece è stato il parto della sempre fervida mente comunicativa di Matteo Renzi e allora il massimo che l’informazione produce è la semplice e cronistica registrazione degli eventi. Compresa la contestazione al premier avvenuta a Palermo. Credo, invece, che qualche riflessione sia necessaria.

Questa passerella l’avrei capita se i titolari dei diversi dicasteri si fossero presentati, nelle aule frequentate in gioventù o in altre scuole, portando in dote non il solito e abusato annuncio, ma qualcosa di concreto. Che so: un migliaio di euro per l’acquisto di cancelleria e carta igienica, evitando che siano i genitori o gli insegnanti ad autotassarsi- come avviene in molte parti d’Italia – per consentire agli alunni di far fotocopie o espletare fisiologiche funzioni corporali?

Macché, niente di niente. Renzi, anzi, è caduto nel vizietto solito e a chi gli urlava in faccia la propria rabbia a Palermo (“lavoro, lavoro”) ha risposto come gli sta diventando sempre più abituale: “Assumere 149 mila persone è un obbligo”. Nella scuola, ovviamente. Un annuncio, l’ennesimo, ma non una-parola-una su come e quando. Dettagli, inutili fronzoli se il problema è catturare un facile consenso attraverso meccanismi comunicativi studiati ad arte e che non contemplano la soluzione vera dei problemi, bensì solo l’ipotesi di risolverli e nel modo in cui si aspetta la gente. Succede come per certi sondaggi che i manager aziendali commissionano quando devono far passare una decisione su cui qualche loro dirigente ha l’ardire di essere in dissenso. Domanda al campione da testare: “Preferisce essere ricco o povero?”. Risposta: “Ricco”. Commento del manager nella classica riunione chiamata solo in apparenza a decidere collegialmente: “Visto che avevo ragione io?”.


Il fatto è che nelle aziende (se non sono pubbliche o partecipazione pubblica) se la cantano e se la suonano con denari propri. Fattacci dell’imprenditore se ha scelto male manager e dirigenti. Al governo le cose vanno, dovrebbero andare, diversamente. Il bello di Renzi è che propone argomenti sui quali è difficile non essere d’accordo. Anzi, è proprio impossibile. Il brutto è che poi non dà seguito concreto alle enunciazioni. Non appartengo alla schiera di chi ha creduto che potesse varare una riforma al mese e che ora contesta al premier i suoi ritardi. Quella promessa era una gabola comunicativa, giustificabile ma realisticamente non credibile. Ciò che reputo inaccettabile è che non si vedano, o si vedano pochissimo, i prodromi delle riforme che il premier a buona ragione dice di voler realizzare.

Fateci caso: dai cambiamenti istituzionali a quelli della pubblica amministrazione, dai conti dello Stato alla politica industriale è tutto fermo. Renzi ha preso il posto di Enrico Letta contestandogli di essersi lasciato impantanare dalla politica e dalle faide interne ai partiti. Ora, però, nel pantano c’è lui. Rispetto al suo predecessore, però, l’attuale premier si presenta con un piglio diverso, con un’altra sfacciataggine, con l’immagine di chi ha il coraggio di osare.

Accetti, allora, il consiglio che gli arriva da Ernesto Galli Della Loggia, che in un bell’editoriale sul Corriere della Sera lo invita a fare, una volta per tutte, nomi e cognomi di coloro che si mettono di traverso alle riforme. Che non si portano a casa mandando i ministri a far passarella nelle scuole, ma sfidando il sistema che ogni giorno il premier ci racconta di voler scardinare. Oh, parliamo del Corrierone figlio della borghesia milanese, mica di un’accolita di rivoluzionari nostalgici di chissà quale estremismo. Stanno perdendo la pazienza pure a quella latitudine.

In campana, signor primo ministro. Uno disponibile a twittare #staisarenoMatteo si trova sempre.