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Sono almeno due i motivi per dire no alla proposta di legge elettorale regionale votata dalla Commissione Affari Istituzionali e che verrà presentata la prossima settimana in Consiglio Regionale.

Il primo motivo è di natura formale ed attiene alla assai discutibile e molto riprovevole modalità e tempistica di audizione dei gruppi esterni (sociali, civici e politici) interessati a vario titolo alla suddetta proposta di legge elettorale regionale. La Commissione Affari Istituzionali, mostrando interesse – rivelatosi poi in seguito del tutto apparente - alle richieste di tali gruppi, li aveva infatti invitati ad esporle compiutamente in un’apposita audizione.


Unitamente ad altri gruppi esterni, anche il Movimento Liguria Civica è stato invitato (sulla scorta delle innumerevoli verifiche e proposte di riforma della legge elettorale regionale che da mesi sta sottoponendo agli esponenti politici regionali, rendendo così attuale e non più prorogabile la questione della riforma di tale legge) si è quindi presentato a detta audizione nella mattinata di martedì, convinto e fiducioso che finalmente la classe politica regionale si fosse aperta ad ascoltare le indicazioni del mondo esterno e della società civile per elaborarle, commentarle ed eventualmente farle proprie.
In realtà, secondo il più classico dei clichè dei giochi politici, tali audizioni si sono però rilevate un vero e proprio “bluff” in quanto rese vane ed inutili dalla quasi contestuale approvazione della proposta di legge elettorale votata a meno di due ore dal termine della audizione dei gruppi esterni.


C’è infatti qualcosa che stride e non torna nel fatto che gli esponenti politici regionali, che da oltre un anno stavano discutendo sulla riforma della legge elettorale, abbiano votato, dopo neanche due ore dal termine della audizione dei gruppi esterni, la proposta di legge elettorale che verosimilmente era stata quindi già condivisa in precedenza, prima di eseguire la suddetta audizione e forse ancora prima di convocare i gruppi esterni invitati.
Il comportamento tenuto da tali esponenti politici regionali, se di certo non può inficiare nella sostanza la proposta di legge votata, incide comunque negativamente sul suo iter procedurale e, soprattutto, sulla partecipazione esterna che si è fatto finta di coinvolgere e che, come tale, è stata tradita.


Il secondo motivo è di natura sostanziale e giuridica ed attiene ai diversi profili di criticità costituzionale della suddetta proposta di legge elettorale.
Tali profili di criticità costituzionale sono legittimamente rilevabili in quanto il sistema elettorale, per quanto espressione di volontà legislativa, è comunque censurabile in sede di giudizio di costituzionalità, così come già espresso dalla Corte Costituzionale con pronuncia n. 242 del 2012.


In primo luogo, il premio di maggioranza assoluto (pari al 55%), che non viene subordinato al raggiungimento di una soglia minima di voti, comporta una irrazionale distorsione tra i voti espressi e l'attribuzione dei seggi.
Ne deriva infatti un meccanismo di attribuzione del premio manifestamente irragionevole, tale da determinare un oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica. Ciò comporta quindi compromissione del principio di uguaglianza di voto e pertanto si pone in violazione degli artt. 1 secondo comma, 3 e 48 secondo comma della Costituzione.
Sul punto si è già espressa la Corte Costituzionale con sentenza n. 1 del 13/01/2014 che - con riferimento all'art. 17 commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 533 del 20/12/1993 - ne ha pronunciato l'incostituzionalità proprio con riferimento all'"ambito regionale". Peraltro, già in precedenza la Corte Costituzionale si era già espressa in tal senso con le sentenze nn. 15 e 16 del 2008 in sede di sindacato di ammissibilità del referendum abrogativo.


In secondo luogo, la mancata indicazione della doppia preferenza di genere si pone in contrasto con l’art. 51 primo comma della Costituzione (modificato dalla Legge Costituzionale n. 1 del 30/05/2003) e con l’art. 117 della Costituzione (modificato dalla Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001).

Tali motivi inducono pertanto a dire di no alla proposta di legge elettorale ed a rivederne profondamente i contenuti, quantomeno con riferimento ai profili di contrasto costituzionale sopra evidenziati.