cronaca

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Per me che ho scritto il libro “ Cronaca di un crollo annunciato” il giorno della grande esplosione, del big bang, è come l'atto finale e conclusivo della tragedia incominciata il 14 agosto, alle ore 11.35. Con la maxi demolizione finisce, appunto, la fase “tragica” dell'evento e incomincia quella della ricostruzione, visibile, misurabile, che era già partita, ma che il problema enorme di smontare il ponte gigantesto, i suoi residui straincombenti, nascondeva, in qualche modo oscurava.

Se tutto andrà bene da domani l'orizzonte della Valpolcevera e, quindi, della città sarà diverso. Il ponte, il suo cadavere ferito e smontato, non occuperà più tragicamente la scena. Sparirà non solo da quella geografia un segnale importante, un segno forte che l'ha caratterizzata per cinquantacinque anni e che ha rappresentato molto per Genova e sopratutto per chi viveva in quell'area, che il destino ha colpito così duramente.

Il Ponte Morandi era veramente “il nostro ponte di Brooklin”, il simbolo del progresso, la stigmata che dava alla città, al suo porto, agli abitanti, la modernità, la sensazione di essere in uno sviluppo. “Io abito sotto il ponte”_ raccontavano con più orgoglio che autocommiserazione per essere collocati in una posizione disagevole, i residenti della zona rossa, della zona gialla, della zona arancione. Quella immane costruzione sopra il tetto delle loro case era lo sfondo delle loro vite, la scena delle foto di famiglia sui poggioli delle case, durante le feste di compleanno, della prima comunione, dei matrimoni. “Io il ponte lo amavo “_ mi ha detto piangendo una signora intervistata nel mio libro perchè era una dei 670 sfollati. Ora quel segno, quella “presenza”, non ci sarà più. E questo è il primo effetto forte, in qualche modo sconvolgente della maxidemolizione. Sarà sostituito da altro.

Il secondo effetto è proprio quella del “cambio” di prospettiva non fisica, geografica, ambientale, ma del clima nelle vicende del dopo tragedia. Perchè ora l'orizzonte si apre, ora il nuovo ponte, del quale abbiamo visto i rendering, i modellini e misurato le altezze, le curve, perfino quella struttura a chiglia di nave, prenderà mano a mano forma, pezzo per pezzo, chiglia per chiglia, pilone per pilone. E il cielo della Valpolcevera sarà diverso e la scena, da ogni angolo di questo territorio immenso e sofferente, muterà.
Più generalmente per Genova e il suo futuro, il suo sviluppo, la sua possibilità di rialzarsi dalla sciagura dell'ultima estate, molto si modifica. Questo è l'auspicio.

Avremo piano piano i pezzi di acciaio del nuovo ponte, al posto delle macerie e dei detriti con i quali abbiamo fatto i conti per tutto questo tempo. Sarà ancora dura. Ci saranno anche difficoltà che magari non immaginiamo, ma vedere alzare un pilone, sistemare un pezzo di fondo del nuovo viadotto, è ben diverso che osservare i time laps delle travi che scendono, gli sbriciolamenti del Morandi che cade.

Questo vedremo dietro la nuvola che si alzerà dopo il big bang, dietro la muraglia d'acqua, dietro il rimbombo dell'esplosione, in una giornata epocale nella storia della città, che nessuna altra città moderna ha mai visssuto in tempo di pace.