cronaca

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La scuola politecnica di Genova ha organizzato una assemblea pubblica per discutere dell'eventuale trasferimento sulle collina degli Erzelli. L'appuntamento è fissato per oggi alle 16.30, dopo il Consiglio di Ingegneria in aula B1 in via all'Opera Pia 15A. Si tratta di una riunione straordinaria dell'Assemblea della Scuola politecnica per discutere in merito al controverso progetto legato al trasferimento. Un processo che riguarda anche altre città colpite dalla de-industrializzazione - quali Napoli, Terni e Taranto - e che costituisce il seme da cui germoglia quella che ora tutti conoscono come operazione Erzelli. Una vicenda che si trascina dal 2006 e ancora non si scorge un'autentica fine. Ecco alcuni dei temi che saranno oggetto della relazione del preside della scuola politecnica (tratti dalle slides che saranno illustrate durante l'assemblea):

POLO E INGEGNERIA: IL MODELLO RICERCA E INNOVAZIONE Il POLO è figlio della questione reindustrializzazione per diverse aree italiane (con riferimento alla siderurgia, Genova, Napoli, Terni, Taranto), concepita dal legislatore nel 1989 (De Mita – Fracanzani, dopo IRI-Prodi). Il primus movens sarebbe dovuto essere un piano industriale concreto e sostenibile come risorse e tempo come base per tutto, dopo scouting della domanda del mercato, e tenendo in conto le peculiarità imprenditoriali del territorio del Comune di Genova: ovvero, QUALI COSE fare, come prodotti o servizi.

Stabilito QUALI COSE si debbano “produrre” per migliorare la competitività degli imprenditori sul mercato nel breve, è ovvio che si richiami la necessità di produzione di nuova conoscenza, che a sua volta richiede attività di ricerca (tipicamente di ingegneria, perché legata al mondo produttivo di beni e servizi), al fine di garantire la competitività degli imprenditori nel tempo (permanente dice il legislatore nel citato comma 1333), su scala internazionale, secondo il modello circolare dell’OCSE (1988), competitività capace di avere benefici anche in termini di occupazione (vedi figure seguenti). Ovvio ricordare che la domanda del mercato guidi l’offerta industriale, altrimenti non si vende alcunché, e che la ricerca richieda cultura, nel caso di specie cultura industriale, altrimenti, pur ricercando, non si trova alcunché. Va ricordata la questione della massa critica. Non si sta parlando di investimenti tipo il KAUST (King Abdullah University Science and Technology) dell’Arabia Saudita (20 Beuro), ma di un intervento di qualche centinaio di Meuro. Dunque, occorre che l’operazione sia molto precisa circa l’identificazione del target produttivo, che a sua volta chiama le competenze di ricerca ingegneristiche di merito, e non a tutto tondo. Va ricordata la questione della sostenibilità non solo del costo di investimento (pubblico) ma anche quello della sua gestione e manutenzione (sempre pubblico) nel tempo, il quale spesso supera quello dell’investimento, e va quindi opportunamente stimato, in quanto destinato a dispiegare effetti sul lungo termine.





Il rischio è di creare contenitori costosi e destinati a rapido degrado funzionale, mentre l’importante è il contenuto di ciò che al loro interno vada fatto, fermo restando, che essendo trascorso molto tempo dal 2006 e con lo sviluppo dell’ICT, i contenitori stessi possono essere anche distribuiti e virtuali, incluso il restauro di quelli già a patrimonio pubblico (che pure possono beneficiare di una quota delle risorse sopra richiamate, purché nell’ambito di uno stesso disegno e nel rispetto dei già richiamati vincoli). Occorre valutare con grande cura il problema dell’accesso (trasporti e logistica), per i quali esistono ora solo parti realizzate in concreto, mentre per parti essenziali risultano solo allocate risorse per la progettazione ma non per la realizzazione (il rapporto è 1 a 20, mediamente, oltre al problema della variabile tempo che si allunga). Oltre alla necessità evidente di non sprecare le risorse allocate dal legislatore per la re-industrializzazione del Comune di Genova (non ci sarà una nuova occasione, almeno a breve (le Partecipazioni Statali stile 1989 non ci sono più)), non vanno recati danni a una viabilità e mobilità già precarie, che a sua volta potrebbero danneggiare altri comparti produttivi di altre zone del Comune di Genova e della Liguria, Regione nella quale mobilità, trasporto e accesso sono da sempre di per sé un problema, e sono di nocumento alla competitività delle sue imprese e, in ultima analisi, ai suoi cittadini.