cronaca

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Tornano in Italia Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni. La Corte suprema indiana ha annullato oggi la condanna all’ergastolo dei due cittadini italiani, pronunciata dall’Alta corte dell’Uttar Pradesh, disponendone l’immediata liberazione. Il 29enne di Albenga e la 38enne di Torino erano stati arrestati nel febbraio del 2010 con l’accusa di avere ucciso Francesco Montis, loro compagno di viaggio.  La Farnesina accoglie "con soddisfazione la decisione della Corte Suprema indiana" di annullare l'ergastolo di Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni. Lo si legge in una nota in cui il ministero degli Esteri ricorda di aver seguito negli anni, anche attraverso l'Ambasciata d'Italia a Delhi, "con grande attenzione la vicenda".

La telefonata tanto attesa e' arrivata in Italia quando in India erano le 10,45 del mattino. E' stato l'ambasciatore Daniele Mancini a chiamare i genitori di Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni per informarli della decisione della corte. "Per noi è una gioia immensa - spiega commossa Marina Maurizio - Sapevamo che i nostri ragazzi non avevano colpe. Ora è giusto che tornino a casa". "E' durata due giorni l'udienza - precisa -. Quindi i giudici della corte si sono ritirati in camera di consiglio. Stamane quando qui era con notte è arrivata la sentenza. Ancora non ci posso credere e pensare che avevo in tasca il biglietto ed ero pronta a partire per Nuova Delhi. Lo infileremo in un cassetto per sempre perché questa è una storia che ha segnato profondamente me e la mia famiglia", aggiunge la donna.

L'ambasciata d'Italia ha avviato le procedure per ottenere il rilascio dal carcere e disporne il rientro in Italia. E' possibile che per finalizzare queste procedure siano necessarie almeno 24 ore, dopodiche', una volta riottenuti i passaporti, sara' possibile farli rientrare in Italia. Fonti legali indiane hanno indicato che "in teoria" la Procura dell'Uttar Pradesh potrebbe chiedere in esxtremis una 'review' (revisione) della sentenza di annullamento della condanna all'ergastolo, ma che tale ipotesi "e' praticamente esclusa".

L'odissea di Tomaso, trentenne di Albenga, ed Elisabetta, quarantenne torinese, comincia nel febbraio del 2010. I due erano in vacanza in India con Francesco Montis, 30 anni, di Terralba, provincia di Oristano, amico di Tomaso e fidanzato di Elisabetta. Il 4 febbraio il giovane sardo si sente male: gli amici chiamano immediatamente i soccorsi e contattano l'ambasciata italiana. Francesco morirà poche ore dopo. La giustizia indiana comincia a indagare, e porta in cella a Varanasi Tomaso ed Elisabetta. Secondo gli inquirenti, sul corpo di Francesco ci sarebbero dei lividi, segno di una colluttazione.

"Ciao Marina, ho appena saputo, sono felice per te e per voi". Lo ha scritto Paola Moschetti, compagna del marò Massimiliano Latorre, alla mamma di Tomaso Bruno, Marina, appena saputo del rilascio del figlio. "Un abbraccio - ha scritto ancora attraverso Facebook Paola Moschetti Latorre - e goditi la gioia per cui hai tanto lottato". "Non ci conosciamo personalmente - ha detto la mamma di Tomaso - ma siamo in contatto da oltre un anno. Le auguro di poterle mandare al più presto un messaggio così".

LA RABBIA DELLA MADRE DELLA VITTIMA "Sono senza parole, non dovevano farli uscire. E' come se avessero ucciso di nuovo mio figlio". Dopo il silenzio delle prime ore, Rita Concas, la mamma di Francesco Montis, il giovane di Terralba (Oristano) morto nel 2010 in India, accetta di parlare con l'ANSA e commenta così la cancellazione dell'ergastolo da parte della Corte suprema dell'India nei confronti di Elisabetta Boncompagni e Tomaso Bruno, fidanzata e amico di Francesco.

"Sono delusa per la sentenza di assoluzione e anche per il silenzio dell'ambasciata italiana in India - attacca la signora Concas, seppure con un filo di voce - che si è preoccupata di comunicare gli sviluppi ai familiari dei due giovani, ma non è stata altrettanto sensibile nei confronti miei e di mia figlia".

"Ho letto la notizia su Facebook e non è stato bello", spiega ancora la mamma di Francesco aggiungendo che non riesce a spiegarsi cosa sia potuto succedere negli ultimi due anni per rovesciare le sentenze di condanna pronunciate in primo grado e in appello. La famiglia Montis non aveva un proprio legale in India a seguire il processo. "L'ambasciata italiana ci aveva detto che non potevamo nominare un avvocato italiano - racconta la donna - che i processi li avrebbe seguiti per noi un avvocato dell'ambasciata stessa, credevamo di essere tutelati da loro, ma ci hanno detto solo bugie e non ci hanno mai considerati".

Quindi svela un retroscena. "Non è vero che abbia mai scritto una lettera alle autorità indiane per scagionare la fidanzata e l'amico di Francesco e non è neanche vero che Francesco era malato, solo un po’ di tosse da fumatore", dice sottolineando che negli atti dell'autopsia che le sono stati consegnati assieme alle ceneri di suo figlio - tumulate ora in un loculo del cimitero di Terralba davanti al quale non manca mai un fiore fresco - si parla di tracce evidenti di strangolamento e di diversi segni di un'arma contundente sul corpo che non si conciliano in alcun modo con il malore al quale Elisabetta Boncompagni e Tomaso Bruno avrebbero attribuito la morte di Francesco”.