cronaca

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Parole forti, ultimatum all’Università, grida di dolore contro la burocrazia e la paludosità di alcune istituzioni locali e nazionali, l’accusa – pur forzata e non supportata dagli atti ministeriali – di far correre a Genova il pericolo di perdere una montagna di soldi pubblici. Carlo Castellano ci ha messo e ci mette la passionalità che anche gli avversari gli riconoscono nel sostenere il grande progetto del villaggio tecnologico sulla collina degli Erzelli. Adesso, però, si trova nella scomoda posizione di quei manager delle aziende italiane – probabilmente anche la sua – che, quando vanno a vendere i loro prodotti all’estero, si sentono porre preliminarmente questa domanda: “Scusi, il suo Paese compra quanto ci sta offrendo?”.

Ecco, la domanda che da oggi qualcuno potrebbe rivolgere a Castellano, e in primis potrebbe farlo proprio l’Università di Genova, è come quella: “Scusi, ma la sua azienda ci va agli Erzelli, come sta chiedendo a noi di fare?”. Se la clamorosa denuncia dei sindacati sarà confermata nel momento in cui Esaote romperà il suo silenzio, la risposta che potrà dare Castellano sarà per forza di cose imbarazzata e imbarazzante: “Sì, ma solo in parte”. Perché, appunto, la cronaca ci parla di un disegno – svelato da Fiom, Fim e Uilm – in base al quale l’azienda genovese biomedicale porterebbe nel nuovo villaggio hi-tech soltanto la parte della ricerca, esternalizzando la componente produttiva. In tutto, sempre a sentire i sindacati, tre piani nello stesso palazzo che a Erzelli occupa la Siemens.

Storia strana assai, questa del villaggio genovese dell’hi-tech, concepito per fare da volano a un grande rilancio industriale, quindi anche occupazionale, e che, invece, comincia nel peggiore dei modi: con Ericsson che appena arriva taglia una novantina di unità e con Esaote che dimagrisce ancor prima di metterci piede. Per contro, l’azienda vorrebbe incassare l’intero dividendo del trasferimento, e cioè realizzare sul terreno attualmente occupato a Sestri Ponente un insediamento residenziale, alberghiero e commerciale. E’ frutto, sia chiaro, non di un improvviso e selvaggio tentativo di speculazione edilizia, ma di un accordo di programma che, adesso, i sindacati minacciano di far saltare.

E’ l’arma che hanno in mano per combattere la loro battaglia. E chissà se il sindaco di Genova Marco Doria adotterà con Esaote lo stesso criterio messo in campo per fronteggiare un altro trasloco, quello di Piaggio Aero: “Ve ne andate a Villanova d’Albenga? Scordatevi che l’area dello stabilimento genovese possa ottenere un cambio di destinazione d’uso”.

Ma c’è un altro aspetto che balza agli occhi in tutta questa vicenda. Se Esaote rivendicherà il pieno diritto di trasferire a Erzelli solo una parte di se stessa, perché Castellano (ricordiamo che nacque da una costola dell’Ansaldo con un’operazione di management-buy out) sembra non riconoscere (almeno nelle parole fin qui pronunciate) lo stesso diritto all’Università? Quello che sta scritto nei documenti rivelati due settimane fa da Primocanale, infatti, è non solo che non c’è alcun vincolo di legge che imponga di realizzare il polo industriale-scientifico agli Erzelli.

Neppure esiste l’obbligo, da parte dell’ateneo, di trasferire – sulla collina oppure ovunque si realizzasse il polo – tutta Ingegneria, che oggi si chiama Scuola Politecnica. Il progetto e i finanziamenti non verrebbero affatto meno se l’Università decidesse di spostare nel villaggio hi-tech solo una sede di Ingegneria. Quando di fronte alla medesima situazione, qualcuno può (Esaote) e qualcun altro (l’Università) non può fare la stessa cosa, una domanda sorge spontanea: quali interessi si stanno tutelando e quali vengono ignorati? Aspettando che il governatore Claudio Burlando, così attento alle questioni industriali tanto da averne fatto il fulcro dell’intervento alla direzione del Pd che scavallò Letta da premier per insediare al suo posto Matteo Renzi, batta più di un colpo anche sul caso Esaote.