Abbiamo fatto passare ventiquattrore dalla catastrofe senza scrivere commenti o analisi. Scegliendo di raccontarvi in diretta con immagini e testimonianze il collasso di quel ponte che era un oggetto casa per tutti i genovesi.
Ci sono passato sopra ieri sera, oppure, dovevo andare all’aeroporto nel pomeriggio, o ancora, lo percorro tutti i giorni per venire a Genova e tornare a casa la sera. Ventriquattrore annichiliti, gli occhi su quel moncone che era sempre in manutenzione e sul quale si diceva spesso: il giorno che il Morandi chiude….
Chiude, dicevamo. Non, il Morandi crolla. Convinti che i responsabili delle Autostrade al primo segno di rischio lo avrebbero fermato, avvisandoci. Lo sapevamo tutti che era malmesso. Eppure lo caricavano di camion e tir e noi sotto la soletta vedevamo dal basso che qualcuno ci lavorava sempre. A fare chissà che cosa? Il senatore Rossi, per due volte, aveva segnalato in commissione la precarietà del ponte chiedendo che bloccassero il transito dei mezzi pesanti e per due volte nessuno di nessun partito, maggioranza e opposizione, si era degnato di intervenire o rispondere.
Il Morandi ora è lì, svuotato, sfatto con il suo immenso peso di cemento e ferro sulla terra bagnata del Polcevera, insieme ai poveri morti che si è portato giù. Quarantacinque metri in basso.
Per Genova è un terremoto e deve esserlo anche per il Paese, cioè per il nuovo governo.
Quello che è successo a Genova è l’immagine di una Italia abbandonata senza alcuna manutenzione. Un ponte autostradale che crolla? Ma come è possibile? Non è il ponticello di campagna che scavalca un piccolo torrente. E’ venuto giù uno dei ponti strategici della gloriosa rete autostradale italiana. Incredibile, ma a Genova è successo, il ponte su cui tutti abbiamo scritto che era “a rischio” ma di chiusura per vecchiaia, impossibilitato a reggere il traffico spaventoso che gli avevano buttato addosso, su quella schiena un po’ malmessa. Ha fatto tragicamente di più: si è annullato da solo.
Dopo le ore del cordoglio e della rabbia ora bisogna ragionare sul domani. Genova non può stare senza il Morandi: unico collegamento con il Ponente, la Francia, l’aeroporto, l’autostrada dei Trafori. Indispensabile al porto, indispensabile a tenere unità la città.
Il governo Conte-Di Maio-Salvini è davanti alla sua prima tragica grande prova: il sisma di Genova.
Non è l’ora delle sparate o dei tweet a effetto. I genovesi non le accetteranno mai. Non hanno un buon carattere e non amano farsi prendere in giro con le parole. Certo, la caccia ai colpevoli e ci mancherebbe che non fosse così! Solo in Italia si cercano e alla fine se ne trovano sempre troppo pochi. Chi ha sbagliato dovrà pagare e ci penseranno a farlo i magistrati non i politici. Ma qui, a Genova, il governo gialloverde si mette alla prova e mette alla prova la sua capacità di progettare e di fare, di agire “non come quelli di prima” (a proposito, quelli di prima le facevano le manutenzioni?).
Infrastrutture. Senza se e senza ma. Subito! Di corsa presidente!
cronaca
Il sisma di Genova mette alla prova le vere capacità del governo
Dopo la tragedia di Ponte Morandi
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