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Alle 12 dello scorso 15 maggio è stato abbattuto l’ultimo diaframma della galleria Poggi, lungo il nuovo tracciato ferroviario della tratta San Lorenzo al Mare-Andora. La notizia è stata accolta con il tipico brindisi e certamente le imprese e le maestranze che lavorano all’opera hanno di che rallegrarsi. Anche gli imperiesi e i liguri? Il punto interrogativo è d’obbligo. E verrebbe da rispondere no, non possono rallegrarsi, ancora e chissà fino a quando. Il motivo ben lo chiarisce il sito della Regione Liguria, al capitolo infrastrutture, dove si legge: “Attualmente la linea Genova–Ventimiglia, lunga circa 147 km, presenta tratte a doppio binario (Genova-Finale Ligure, Loano-Albenga, S. Lorenzo-Ventimiglia) per un totale di 103 chilometri e a semplice binario (Finale Ligure-Loano, Albenga-Andora, Andora-S. Lorenzo) di estensione complessiva pari a 44 chilometri”. Poco meno di un terzo di una linea internazionale (da e verso la Francia), che è anche l’unico e principale collegamento ferroviario fra la Riviera dei Fiori, il capoluogo ligure e il Nord Italia, è ancora in formato tradotta. A binario unico.

Questo ha un preciso significato: al di là degli sbandierati miglioramenti di capacità e tempi di percorrenza, la San Lorenzo-Andora, come il precedente raddoppio San Lorenzo-Ospedasletti, sarà solo una cattedrale nel deserto fino a quando non sarà costruito il raddoppio Andora-Finale Ligure. Di più: fino a quel momento, tutti i soldi spesi potranno essere elencati alla voce “spreco di denaro pubblico”. Perché va bene realizzare simili interventi per lotti funzionali, ma occorrerebbe procedere nel solco di un unico disegno, con un cronoprogramma definito e legato alla certezza degli stanziamenti. Invece quegli ultimi 25 chilometri (defalcati i 19 della San Lorenzo-Andora) rimarranno un nodo scorsoio che soffocherà il collegamento.

Finora abbiamo assistito alla tipica italica rappresentazione: tempi biblici per le progettazioni, liti fra enti locali sul tracciato, incertezza totale dei finanziamenti, avvio dei lavori e successivi blocchi a causa di ricorsi legati agli appalti, infine maestranze tornate in cantiere. Un’opera, la San Lorenzo-Andora, che doveva essere già ampiamente ultimata e che invece entrerà in esercizio (e tocchiamo ferro) nel giugno del 2016. Siamo già più in là, comunque, di ciò che il viceministro ai Trasporti Riccardo Nencini raccontò lo scorso febbraio durante un visita già elettorale (in vista delle regionali di fine mese) a Imperia: “La fine dei lavori è stata confermata per dicembre 2015”. Proviamo a immaginare che cosa ci verrà spiegato: un conto è chiudere il cantiere, un altro cominciare a far passare i treni. A Dio piacendo, nel giugno del prossimo anno saremo qui a verificare.

Ma la vera apoteosi Nencini la raggiunse, durante quell’incontro, quando a proposito della tratta Andora-Finale se ne uscì così: “All’interno della Legge di Stabilità sono stati inseriti per 15 anni 15 milioni di euro e per questo motivo Ferrovie e governo sono ora in grado di attivare 230 milioni di finanziamento, con copertura attraverso i fondi previsti dalla Legge di Stabilità, che sono quelli necessari a lavorare rapidamente sul primo lotto. Presto avremo i fondi, 230 milioni di euro, per il tratto ferroviario Andora-Finale”. Ma Nencini sa di che cosa sta parlando? Non è che ai viceministri, a nessuno per la verità, sia richiesto il dono dell’onniscienza. Però quando si sta in un dicastero si ha il dovere di non raccontare favole. E se non si conoscono le cose, meglio tacere. Già il titolare di quel ministero, Maurizio Lupi, ebbe a presentare con grande enfasi quei 15 milioni per 15 anni e la risposta migliore gli arrivò dall’ex sindaco di Andora Franco Floris, non propriamente un nemico del governo, nazionale o regionale ligure che sia: “Con quel denaro non ci si apre neanche il cantiere!”. Appunto. Forse Lupi non era riuscito a consultare per tempo Ercole Incalza, il potentissimo dominus delle Grandi Opere travolto dallo scandalo delle tangenti che ha provocato pure le dimissioni dell’allora ministro. Incalza, oltre a spiegargli che la Pedemontana è un’autostrada e non un linea ferroviaria, e a scrivergli il programma per il suo partito, l’Ncd, avrebbe anche delucidato Lupi sull’irrisorietà di quello stanziamento. Che però Nencini, con pervicacia degna di miglior causa, ha rilanciato come se fosse la fine di un incubo. Il quale, invece, continua a tormentare la vita di chi utilizza il treno per muoversi lungo la Liguria.

Consegnato Lupi al ruolo di capogruppo alla Camera di Area Popolare (Ncd più Udc), affidato Incalza alla giustizia e lasciando Nencini a sproloquiare, non resta che confidare nel nuovo titolare delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Il suo profilo fino ad oggi resta marcato dalla sobrietà dell’atteggiamento. Signor ministro, nella lista delle opere utili ci metterà anche il completamento del raddoppio ferroviario del ponente ligure? In fondo, anche il premier Matteo Renzi, intervistato proprio qui, a Primocanale, lo ha detto: “L’intervento è prioritario e quello delle opere utili è un elenco aperto”. Ah, molto meglio se un impegno venisse preso dopo il 31 maggio. Prima avrebbe lo stesso amaro retrogusto di quei 15 milioni per 15 anni.