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Orlando e Pinotti, il rovescio degli interventisti Burlando-Scajola
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Claudio Burlando dai Trasporti e Claudio Scajola dalle Attività produttive (ora Sviluppo economico) forse peccarono di interventismo. Al punto che i loro avversari li tacciarono di provincialismo: "Anche da ministri della Repubblica sono incapaci di non occuparsi dell'orto da cui provengono". Con tutto ciò che è accaduto nel frattempo, sembra passato un secolo.

Burlando e Scajola sono stati al governo in momenti diversi. E con premier diversi. Oggi la Liguria continua a frequentare Palazzo Chigi, forse al di là di ogni aspettativa. I ministri sono due contemporaneamente, Andrea Orlando e Roberta Pinotti, sotto la medesima guida che all'anagrafe fa Matteo Renzi. Di loro, però, fra Ventimiglia e Sarzana si hanno tracce labili. Al punto che viene da interrogarsi se soffrano di provincialismo al contrario, se cioè ritengano riduttivo per il loro ruolo mettere le mani nelle questioni di casa.

È pur vero che i dicasteri di cui sono titolari sono marcatamente nazionali - la Giustizia per l'uno, la Difesa per l'altra - ma questo può giustificare i loro silenzi sulle tante questioni cruciali che Genova e l'intera regione devono affrontare? Qualche colpo lo hanno battuto su vicende di politica-politicante, sia nella controversa vicenda delle elezioni regionali 2015, disastrose per il centrosinistra e il Pd in particolare, sia in altre circostanze, quali gli scontri interni a Spezia (Orlando) o crisi aziendali quali la Piaggio e i resti di Leonardo-Finmeccanica all'ombra della Lanterna (Pinotti).

Nessuno dei due, però, ha compiuto azioni, o almeno preso posizioni, che facessero valere il loro peso all'interno dell'esecutivo riguardo vicende come il trasporto pubblico locale, l'isolamento geografico della Liguria, la crisi economico-finanziaria dell'intera regione, con la punta dell'iceberg delle enormi difficoltà industriali a Genova e tutti gli altri dossier che per carità di patria risparmiamo dall'elencare essendo a tutti fin troppo noti.

A Roma c'è chi dice che Renzi ha una presa così forte sull'esecutivo che i ministri, in realtà, non toccano palla. Devono occuparsi in modo stringente dei loro dicasteri - e anche nelle decisioni di competenza non è che ci sarebbe una grande autonomia - e per il resto non provassero a mettere becco. Possibile e verosimile.

Ma poiché Renzi non è il dittatorello di un qualsiasi staterello del terzo mondo, è abbastanza incredibile che due esponenti del suo governo non siano in grado di acchiapparlo, sederlo su una sedia e incalzarlo: "Adesso ascoltaci, in Liguria abbiamo questi problemi e per piacere dicci come ne possiamo uscire. O, almeno, come possiamo cominciare a metterci mano. Se vuoi, noi qualche idea l'abbiamo ed eccola qui".

Se non c'è stato un corto circuito informativo, ma c'è da crederci poco essendo il governo molto attento alla comunicazione, non è avvenuto. Diamo pure la colpa al Matteo nazionale e al suo egocentrismo operativo. Mettiamoci pure che lo stesso Matteo non risulta stravedere né per Orlando, diventato ministro attraverso la corrente dei cosiddetti Giovani Turchi, né per Pinotti, che al soglio della Difesa c'è salita per volere dei generali e dell'allora capo delle forze armate, vale a dire il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

E tuttavia anche queste ragioni non bastano a giustificare il modo scolorato con cui i due ministri liguri guardano e affrontano le questioni di casa loro. Finora non hanno inciso granché neppure su quelle per le quali avrebbero potuto gettare sul tavolo il peso del loro ruolo istituzionale e, quindi, politico.

Dall'alto dei loro scranni ministeriali, una capacità di indirizzo dovrebbero e potrebbero averla. Prendiamo l'ultimo eclatante caso del Comune di Genova, con il sindaco Marco Doria che ha portato a casa l'approvazione del bilancio dopo mille sofferenze e contrattazioni consiliari degne della peggiore Prima Repubblica. Possibile che né Orlando né Pinotti abbiano sentito il bisogno di esprimersi compiutamente e pubblicamente su una vicenda di tale portata, politica e mediatica?

Le elezioni amministrative del 5 giugno e il referendum costituzionale di ottobre certamente ridaranno voce a entrambi. Avremo di fronte un Pd ligure all'apparenza persino ricompattato. Ma diciamoci la verità, da due ministri ci si attenderebbe altro piglio e altra capacità/volontà di incidere. O no?