politica

L'invettiva
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Con il sindaco quelli del Pd, che prima si chiamava Ds e prima ancora Pds e prima ancora Pci, sono molti anni che non ci azzeccano molto.

Più in generale è il centro sinistra che da anni, per non dire decenni, va in confusione, prima quando si tratta di trovare un candidato sindaco, poi quando si tratta con il sindaco operante e, sopratutto, quando bisogna risolvere il rapporto alla fine della legislatura.

Non che questo sia sempre matematicamente successo con tutti i sindaci, ma oramai sta diventando una costante, potremmo dire una sindrome, la cosidetta e oramai celebre “sindrome del sindaco”.

Tutto era cominciato con la caduta di Burlando, arrestato da sindaco (poi totalmente prosciolto), ma già prima, quando a Tursi sedeva il socialdemocratico Romano Merlo e il Pci in maggioranza aveva deciso di sostituirlo, era scoppiato un bel baillamme.

Avevano incastrato il povero Merlo con quella storia dei biglietti “gonfiati” dell'Expo e lo avevano fatto cadere per metterci l'enfant prodige, appunto Baurlando.

Caduto lui che bel problema? Ci voleva qualcuno esterno al partito e poi c'era l'elezione diretta. Quindi vai con il giudice Adriano Sansa, ben presto troppo libero e autonomo dalle logiche di “u' partiu” per piacere alla roccaforte rossa. Sansa fu “licenziato” dal vertice Pci con quella frase celebre: “Noi siamo in grado di far eleggere il primo camionista che passa.....”.

Invece di un camionista candidarono Beppe Pericu, avvocato professore, che avrebbe governato dieci anni con grande autonomia e personalità, ma i Pd di allora dovettero praticamente obbligarlo a presentarsi per il secondo mandato ( che lui si sarebbe risparmiato), quello dal 2002 al 2007 perchè l'establishment era già in crisi: Marta Vincenzi, SuperMarta, scalpitava dopo dieci anni in Provincia. E loro volevano tenerla lontano da Tursi. Lungimiranti. Quando infine Supermarta si insediò, incominciarono subito i dolori dei rapporti con il vertice del partito. Un vero calvario sul quale si immolarono segretari, deputati, dirigenti di più generazioni. A un certo punto lei disse addirittura che non si sentiva neppure più nel Pd e sbefeggiò a lungo i giovani segretari di turno, come il malcapitato Victor Rasetto.

Finì che Marta Vincenzi fu costretta a “subire” le Primarie per presentarsi al secondo mandato. Sapete come è andata nel 2012: sconfitta la Vincenzi, sconfitta pure Roberta Pinotti, che l'apparato di comando dell'allora neonato Pd aveva piazzato come vincente per la carega di sindaco. Vinse Marco Doria, candidato non certo della bandiera piddina, ma di don Gallo e di un gruppo di liberi pensatori, non certo in sintonia con il gruppo dirigente e_ qualcuno mormorò_ candidato anche di Burlando per portare via alla Vincenzi voti a sinistra.

La storia dei rapporti tra il marchese-rosso e il Pd è di oggi, anche se è incominciata appena ieri ed è costellata di contrasti, scontri, beghe infinite, strappi ricuciti all'ultimo.

Ora la maggioranza non c'è più, contro Doria vota anche la lista Doria e il Pd ha il solito problema con il sindaco: Doria non Doria, un altro, chi? Insomma, una “Storia infinita”, come quel famoso film per bambini. Che rischia di finire con la vittoria del “Regno del Nulla”. Che inghiotte tutto, anche il Pd.